Il 4 ottobre è una festa religiosa: San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia. La mia maestra a scuola ci parlava sempre di questa figura esile e straordinaria, questo signorotto di provincia che ad un certo punto della sua vita si denuda di tutto davanti a tutti e decide di gettarsi sulle braccia di un Dio per lui infinito e immenso. Mi è sempre piaciuto quell’amore intenso per la natura, per le piccole e grandi cose, il rispetto intimo per sorella acqua e per frate foco, nonostante ne conoscesse la forza e la possibilità che potessero diventare fonti di tragedie e di calamità. Francesco era un rivoluzionario puro e, sotto alcuni aspetti molto rigido: la sua regola legata a seguire fermamente il Vangelo non poteva essere messa in discussione. Ma era, appunto, un rivoluzionario perché a giocare con le parole del Vangelo, da sempre, tutti hanno avuto qualche problema. Il mio Francesco era quello che parlava con il lupo o con gli uccellini, dipinto magistralmente da Giotto. Ma era anche quello che utilizzava la strada come luogo d’incontro, che inseguiva gli ultimi e i lebbrosi, i reietti, quelli scartati da tutti. Son cresciuto con la consapevolezza che Francesco sia stato un personaggio da portarsi accanto perchè da subito aveva capito l’importanza dell’amore per la terra. Il suo appello a frate sole e sorella luna era ed è un bellissimo inno rock. Quando il Papa, per la prima volta, ha scelto quel nome ho subito pensato che l’impegno era altissimo. Così, quando ho letto l’enciclica “Laudato sii” ho capito che Francesco, il fraticello di Assisi, era ritornato, attraverso papa Francesco, a regalarci piccoli pezzi di vita intrecciati a quelle degli ultimi, dei dimenticati da non dimenticare. Il 4 ottobre è la ricorrenza di un piccolo grande frate che ha scommesso sulla cosa più difficile: gli uomini.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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