Ho smesso di seguire la pagina Facebook di Matteo Salvini un paio d’anni fa. Devo dire che da allora mi sento meglio. Prima su quei post ci perdevo del tempo, ma soprattutto perdevo del tempo a leggere i commenti ai pensierini del segretario della Lega: per me erano uno spaccato sociologico traumatizzante dell’Italia, esempi di come certa umanità di umanità non ne abbia neppure un briciolo. Io credo che nella pagina di Salvini si trovi davvero l’Italia peggiore, quella più ignorante e lontana dai valori della Costituzione. Leggevo, commentavo e battibeccavo. Poi, ad un certo punto, ho smesso. Non perché abbia rinunciato ai miei principi, ma perché era davvero tempo perso. L’ho capito un giorno, al mio paese, alla cassa di un supermercato. La gente commentava, non so bene perché, qualcosa che aveva fatto la ragazza di colore che da anni presidia il parcheggio, aiutando la gente a sistemare la spesa o riordinando i carrelli sparsi per il piazzale. Le vogliono bene tutti, ma il discorso è scivolato sull’immigrazione, con tutti i soliti e tristi luoghi comuni. Erano facce che conoscevo. Da quelle bocche sentivo uscire parole, toni e minacce uguali a quelle che leggevo sulla pagina di Salvini. Sono stato tentato di intervenire per dire la mia, poi ho pensato che sarei stato ridicolo e che la fila di casse del supermercato non era il luogo adatto per un dibattito. Non ne valeva la pena, perché quella gente non avrebbe cambiato idea. La pagina di Salvini non è un’enclave di barbarie, è invece una parte del mondo molto più vicina a noi di quanto si pensi. Non la si può mettere a tacere. Bisogna combatterla con la civiltà, esercitandosi a ricordare la storia, con gli argomenti, con l’umanità, con l’esempio di Papa Francesco. Un popolo civile deve avere, dentro di sé, gli anticorpi per combattere Salvini, senza tappargli la bocca.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
Un rider non si guarda in faccia (di Cosimo Filigheddu)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Ciao a Franco dei “ricchi e poveri”. (di Giampaolo Cassitta)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.020 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design