Ora tutti dicono: l’avevamo previsto. Certo, che il risanamento dell’Alitalia non fosse una passeggiata di salute era cosa nota a tutti. Fin dalla crisi affrontata dall’allora governo Berlusconi si comprendeva che la situazione era davvero molto complicata. Non sarebbe bastato – e non bastò – il salvataggio da parte dei cosiddetti “patrioti”, una cordata che entrò dentro in gioco non per consentire alla compagnia di bandiera di restare italiana, ma solo ed esclusivamente per interessi propri. Tutti sapevano e tutti comprendevano che il piano di risanamento non era energico, non era stato costruito per un mercato divenuto complesso e variegato, tutti erano d’accordo che la zavorra avrebbe, alla lunga, azzoppato il rilancio della flotta e determinato il fallimento. Non è possibile, adesso, pensare ad aiuti di Stato per due fondamentali motivi: perché l’Europa non lo permette e perché non si può tutta la vita salvare solo ed esclusivamente il soldato Alitalia con i soldi dei conribuenti. Se pensate che eticamente sia giusto proporre ancora un “aiutino” allora uscite per strada, controllate tutte le serrande abbassate dei negozi sotto casa, osservate bene cosa ha prodotto la deregulation nelle vostre città e chiedetevi se non dovevamo, insieme all’Alitalia, salvare anche tutti gli altri piccoli soldati periti dentro la battaglia della crisi e della globalizzazione. E’ il mercato, bellezza. Brutta storia da masticare ma reale: il mercato però vale per tutti, Alitalia compresa.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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