Il Fatto quotidiano ha pubblicato una vignetta in prima pagina: una caricatura di Renzi con un invito a sputarci sopra, in caso di disastro.Sopra c’è il titolo della rubrica che sembra un’avvertenza: è satira. Quando la si fa fuori dal vaso, ci si può sempre rifugiare nella zona franca della satira.Io la vignetta l’ho trovata repellente non tanto per il viscido richiamo alla saliva, ma perché conferma il baratro di cattivo gusto e squadrismo nei quali è ormai precipitato questo quotidiano. Che nacque con ben altri presupposti civili e culturali (e che anch’io, molti anni fa, avevo nel mio piccolo contribuito a fondare con un piccolo aiuto).Ve lo dico subito: qui non si tratta di difendere Renzi, l’ultimo dei miei pensieri.Qui si tratta di difendere buon senso ed educazione. Avrei scritto le stesse cose se per bersaglio salivare fossero stati indicati Conte, la Meloni, Salvini, La Russa o Di Maio.Repubblica mi pare non abbia scritto una riga su questa caduta di stile. E mi duole ammettere che gli unici a porre il problema sulla liceità di questa uscita siano stati i giornali di destra, da Libero al Secolo d’Italia. Hanno ragione loro, i giornali di destra, a sottolineare questa cafonata.Ricordo che il primo direttore, Antonio Padellaro, fissò la Costituzione italiana quale unico riferimento politico del Fatto, intendendo dire che non ve ne sarebbero stati altri tra partiti e movimenti. Voleva essere una garanzia di equidistanza, in aperta polemica con i “giornaloni” (cit. Travaglio) che sarebbero invece strumenti di questa o quella parte in causa dell’arco costituzionale.La storia ha seguito un corso diverso.Abbiamo visto nel tempo come la linea editoriale di Travaglio e dei suoi redattori abbia seguito perfettamente l’ondivago percorso politico dei Cinquestelle.Ho visto Luigi Di Maio sponsorizzare, con un post scritto di suo pugno, uno spettacolo teatrale di Andrea Scanzi, prima firma del quotidiano.Ma oggi stiamo parlando di un’altra cosa. Dell’invito a sputare su una personalità politica che, piaccia o no, sta agendo lungo un solco discutibile quanto si vuole, ma previsto dalla Costituzione cui il Fatto dice di richiamarsi.Quella Costituzione nata dopo il ventennio di dittatura, di intolleranza, di squadrismo. Che, proprio per questo, è animata da principi e valori opposti, tra i quali non compare il diritto di sputare in faccia all’avversario politico.Posto che un giornale non dovrebbe avere avversari politici, a meno che qualcuno degli attori non si ponga fuori dall’ordine democratico.Ma quel che più mi fa schifo, permettetemelo, è questo assecondare i peggiori istinti, l’odio, la rabbia, questo indicare il nemico per menarlo senza ritegno.Non era questo che mi aspettavo dal Fatto quotidiano, dieci anni fa. Guardavo con speranza al pluralismo dell’informazione che saliva. Ora c’è rimasta solo la saliva.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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