Come tanti, seguo i bollettini medici sulle condizioni del cane Freccia emessi più volte al giorno dalla Clinica veterinaria Duemari di Oristano. Freccia, lo hanno chiamato così perché è arrivato moribondo dai medici, trafitto da un arpione subacqueo sparato contro di lui da un qualche balordo. Un’arma scagliata contro una bestiola indifesa, in fondo, ci riporta a ben più sensazionali casi di cronaca mondiale e ripropone il solito problema: un fucile, una pistola o un arpione lasciati nelle mani di una persona squilibrata, violenta o ignorante possono causare danni irreparabili. Conosciamo le violenze contro gli esseri umani, credo ne sappiamo molto poco di quelle subite dagli animali: i veterinari caritatevoli di una clinica non li trovi ad ogni angolo di strada. Il caso di Freccia mi ha riportato alla mente un ricordo dei tempi delle scuole. Un mio compagno, un lunedì mattina, ci raccontò con grande emozione la sua prima esperienza da cacciatore: amici più grandi lo avevano portato con loro alla battuta domenicale, che lui ci illustrò come una specie di test di ammissione nel mondo degli uomini veri. A margine del resoconto della sua giornata, aggiunse un particolare che gli sembrò divertente. Durante una pausa della battuta, uno dei suoi amici armati si ritrovò tra i piedi una tartaruga che, terrorizzata dalle cannonate, scappava tra i cespugli alla velocità ridotta che la sua natura le consentiva. Al cacciatore balenò per la testa che quello poteva essere un bersaglio facile facile per sperimentare gli effetti devastanti di una fucilata esplosa a bruciapelo. Avvicinò la canna al carapace e fece fuoco. Finì tra le risate sguaiate della compagnia, attorno all’animale stecchito. “Voi avreste dovuto vedere che razza di buco gli ha fatto”, proseguì il narratore. Finché il cenno disgustato di un altro dei miei compagni di classe gli consigliò di cambiare argomento. C’è sempre qualcuno che, con un’arma in pugno, cerca di convincersi della propria onnipotenza e trova il modo per dimostrare tutto il proprio disprezzo per la vita, mascherandolo da innocente evasione.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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