Il paragone è ingrato, lo so, ma rende davvero bene l’idea di quest’isola che ha, da sempre, ma le conserva ancora tutte le prerogative per “viaggiare da sola” ed invece si ritrova, come una littorina appunto, costretta a viaggi di andata e ritorno sempre sullo stesso impervio percorso, senza mai raggiungere una meta precisa.
Così la vedo oggi la nostra regione, una scalcinata littorina con due cabine di guida distinte, puntate su opposte direzioni, cabine dentro le quali si sono accomodati, da decenni ormai, quelli che chiamiamo “classe dirigente”. A seconda della direzione che prende, sai chi sta guidando, quale delle due cabine governa, anche se mica l’abbandonano l’altra cabina, quelli che per praticità chiameremo “opposizione”. Il bello -si fa per dire- sta tutto nel fatto che in qualsiasi senso si viaggi, questa littorina non arriva mai a destinazione mentre guadagna, ad ogni viaggio, dei ritardi mostruosi in tutte le tappe.
Fra una cabina e l’altra c’è incastonato il “vagone passeggeri”, dove sostenitori di una direzione o di quella opposta (più spesso indifferentemente e sfacciatamente di entrambe) restano accomodati, sempre in viaggio a spese di tutti quegli altri sardi che, per ovvie ragioni di posto e di carico, su quella littorina non possono salire e che sono costretti ad arrangiarsi coi propri sempre meno efficaci mezzi. Ogni tanto, nel passamano che fluido si svolge all’interno della littorina, dove le ricchezze dell’isola passano, appunto, di mano in mano lungo tutto il trenino, da una parte all’altra, qualcuna di esse sfugge alla presa e casca giù dal finestrino, finendo nei campi dove ci si azzuffa per accaparrarsela. Altre volte, ma solo in precise stazioni, la littorina rallenta ed i pacchi e le bustarelle le vedi destinare a scure figure che, queste si puntuali, attendono a braccia tese il passaggio del cavallo di ferro per poi sparire nella calca del traffico, di tutti i traffici.
Una littorina che resta spesso senza carburante, ferma in sperduti luoghi ma mai senza rifornimenti, la colletta è continua ma non spontanea, ed a seconda della bisogna le quote aumentano, sono quelli a terra a pagare, naturalmente, per fare viaggiare quel treno, ma di quello che pagano ben poco va realmente a finire sotto forma di carburante nel serbatoio della littorina, la fetta più grossa va ancora a finire su ben altri treni, Frecce le chiamano, ma anche queste veloci saette mantengono struttura e sistema identici alla littorina, due i sensi di marcia, due le cabine ma molti più vagoni, i ritardi poi, rispetto ad un mondo che viaggia su altri ritmi, ma questo non saprei dire se è un bene o un male.
Creata la crisi -perché questa è, una crisi creata ad hoc- anche sulla littorina le ricchezze hanno cominciato a diminuire, di conseguenza sempre meno tesori si perdono per strada, sempre meno pacchi e bustarelle si distribuiscono alle stazioni e sempre più fermento lievita a bordo, figuriamoci a terra. Il trenino non rispetta orari ai passaggi a livello e non frena di fronte alle auto o greggi sui binari, che travolge e trita. Ed è proprio di questi tempi, che da quella littorina vengono sparsi veleni diserbanti o scintille che provocano grossi incendi, un fumo denso, nero, dentro il quale avvengono (secondo loro non visti) tutti i passaggi e cambi di cabina da parte sempre delle stesse persone. Nel tragitto fra una cabina e l’altra, ogni tanto si affacciano dal finestrino sventolando temi spesso all’opposto di quanto affermavano nella cabina di provenienza, chi è a terra è spaesato, non capisce più la differenza fra un senso e l’altro di marcia, fra una regia e l’altra in cabina, e così si confonde ogni volta facendo il biglietto, sempre più caro, che continua a pagare per non salirci mai, su quel treno, ma attende speranzoso ogni giorno il suo passaggio e prega che qualcosa da raccogliere caschi giù, solo perché non sa che in modo semplice ma ragionato, conoscendo le leve giuste ed agendo sugli scambi, quella littorina potrebbe andare esattamente dove serve a prescindere da chi la guida e, magari, raggiungere una meta, la prima di tante dove poterle aggiungere i vagoni che servono perché si viaggi, finalmente, tutti insieme e tutti alla stessa velocità.
Conoscendo le leve della politica, la politica la si può guidare, quelle leve sono del popolo ma nessuno gliele fa toccare anche se questo suo diritto è sancito, è Costituzionale, ma lo stanno cancellando, nel silenzio generale.
Senza un consapevole percorso davanti, nessun mezzo è utile, nessun fine è raggiungibile. E noi sardi sembriamo essere ormai senza binari. Proprio nel momento in cui dovremmo dimostrare di sapere camminare da soli, di sapere scegliere una direzione ed un percorso, troppi di noi si lasciano ancora “consigliare le destinazioni” e non si arriva mai da nessuna parte, figuriamoci all’indipendenza.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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