Ci sono quelli che urlano “fuori i rom” e vogliono le strade del loro paese pulite. I furti, al massimo, li facciano gli italiani. Ci sono quelli che dicono: “fuori i negri perché noi siamo di un’ altra razza”. In fondo hanno ragione, loro, gli urlatori, non appartengono alla razza umana. Ci sono quelli che “non sono razzista ma questi ci rubano il lavoro”, però a raccogliere i pomodori ci mandano gli extracomunitari o, al massimo, le donne del sud, quelle che non possono parlare. Ci sono quelli che almanaccano e disquisiscono che bisogna aiutarli, certo, ma a casa loro. Magari mandandogli le coperte usate e i tricicli che sono nel garage “che ci danno tanto fastidio a noi e quindi facciamo un doppio favore”. Facciamo. Ci sono quelli di sinistra: “la solidarietà, l’accoglienza l’inclusione: però”. Già. Però. Poi ci sono quelli infidi, terribili, senza scrupoli. Quelli che hanno il ghigno pronto ad ogni disgrazia: si chiami terremoto od alluvione, incidente stradale o incendio. Loro sorridono feroci. Si fregano le mani. Falchi levati a controllare il territorio, iene pronte a ballare sul cadavere, si è detto. Ma non è così. Lasciate i in pace falchi e le iene. Questi sono uomini – italiani – che non conoscono neppure i confini del nostro paese, sono di un’ignoranza solida, crassa, urlano rumeni e confondono le etnie, le culture, hanno poca dimestichezza con le parole, utilizzano solo gerghi popolari ed espliciti. Sono uomini bianchi – italiani – che disprezzano i negri e i mulatti, ma una gita a Cuba per giocare con le jenetteras o in Thailandia per toccare le minorenni la fanno volentieri. Sono uomini, italiani, apparentemente di una classe sociale medio alta, conoscono altri uomini e fanno affari. Si buttano sul “sociale” ma non capiscono il “sociale”, lo utilizzano soltanto. Questi uomini votano altri uomini che corrompono e, a loro volta, si fanno corrompere. Per questi uomini – italiani – il prezzo di un migrante vale un euro. La sua sistemazione vale un euro, la dignità vale un euro. Questo accade in Italia, a Roma, dove smistare gli extracomunitari nelle varie strutture è diventato un affare e la tangente per alcuni funzionari che fanno vincere le gare d’appalto ai loro compari è di un euro. Questi intascano un euro al giorno per ogni uomo che sistemano. Un euro. Posso ricordare a questo poposito una frase che mi raccontò una volta un detenuto, riferendosi ad un altro compagno di cella da lui ritenuto un infame: “Giuda, ai suoi confronti, Gesù Cristo sembra.” Ci sono uomini che camminano vicino a me ma, sinceramente, non appartengono al mio recinto sociale. Chi prezza un uomo per un euro non può sedersi sulla stessa riva del mio fiume. Non può e non deve. Spiegatemi, adesso,voi che ne siete capaci, perché dovremmo tenerci questi uomini e ruspare quelli che non sono nati in Italia. Spiegatemelo. Per favore.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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