C’è qualcosa di evocativo in quel denso colore. Non è pensabile che sia solo la ricerca di stupire i turisti, i sonnacchiosi romani e le stanze logore del potere. No, dopo dieci anni dal primo blitz Graziano Cecchini ha colorato di rosso la fontana di Trevi. L’uomo è stato fermato immediatamente dai vigili urbani che stanno valutando se quel colore gettato nell’acqua della fontana più famosa del mondo abbia procurato danni alla fontana. Probabilmente no. Non è lo sfregio che i tifosi olandesi del Feyenoord fecero il 30 agosto del 2015 alla fontana di piazza Navona, la famosa e bellissima “barcaccia”. In questo caso l’acqua scorre come tante cose e la fontana ritornerà al suo naturale splendore. Eppure ci deve essere qualcosa di evocativo che non riesco a soppesare. Non è il rosso del sangue, non è l’abbandono di Grasso dal gruppo PD al Senato, non è il rigurgito di qualche vecchio comunista. Eppure nell’aria c’è qualcosa. La voglia di stupire, di fare qualcosa di eclatante, di sinistra, di strano. Di fare perlomeno qualcosa. A questo ci siamo ridotti. I discorsi sulla difesa del lavoro, sullo sfruttamento degli operai e sui veleni che gettano quotidianamente le fabbriche, li fa quasi tutti i giorni Papa Francesco. Gentiloni (Gentiloni, capite?) passa per rivoluzionario perché conferma Visco al timone della banca d’Italia e Grillo ci vuole far conoscere l’amore a cinque stelle. Mi chiedo (ma me lo chiedo da tempo ormai): dove abbiamo sbagliato? Vuoi vedere che il rosso della fontana di Trevi è, almeno, una “botta de vita?”
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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