C’era quel bambino di Andersen che urlò “Il re è nudo!” e tutti si levarono il prosciutto dagli occhi e se ne accorsero. Per molti anni ha funzionato. Quando qualcuno ha fatto notare con occhi sufficientemente innocenti che il re era nudo, il re era fottuto. Non gli restava che ripararsi le vergogne di davanti e le vergogne di dietro e tornare a palazzo sgambettando con le mani occupate. Ora non va più. Romano Prodi, che secondo me, misurato nel perimetro politico italiano ed europeo (per non parlare di quello americano), ha occhi sufficientemente innocenti, ha detto che bisognerebbe federare il centrosinistra ma che dubita che la volontà di Renzi sia quella di farlo; e che secondo lui il M5S non è pronto a governare e che se vincesse le elezioni potrebbe rappresentare un pericolo per l’Italia. Per me è come se io dopo avere visto per la strada un signore con il culo di fuori, udissi la voce di un bambino che grida “Il re è nudo”. E certo che è nudo, lo vedo anch’io. E così risponderei a Prodi: hai ragione ma non è che sei Cristoforo Colombo, mi sembra evidente che Renzi non voglia federare il centrosinistra e che il M5S non sia pronto a governare. Ma le cose vanno diversamente, perché il bambino-Prodi è andato a gettare sassi nei due stagni più potenti dei social, quelli dei cinquestelle e dei renziani, gente che a colpi di Facebook vi fa il culo a tana di grillo. Tu puoi anche dire che il mare è blu e la polpa dell’anguria è rossa, ma questi professionisti del click riusciranno a convincere milioni di utenti che dici cazzate e hai interessi nascosti per dirle. E così sta avvenendo per queste scontate verità ora pronunciate da Prodi. L’ho intervistato un paio di volte, Romano Prodi. La prima a Palazzo Chigi, durante la sua prima presidenza del Consiglio. Aveva appena inventato e messo in atto gli Accordi di programma, un sistema di convenzioni tra poteri locali, potere centrale e imprese che tendeva a rendere straordinariamente vantaggiosi gli investimenti in alcune zone del Paese, tra le quali quella di Sassari-Porto Torres. Mi disse che avrebbero funzionato dove c’era una classe dirigente – imprenditoriale e politica – capace di capire che quelli non erano soldi da mungere per arricchire pochi, ma per creare lavoro e benessere diffuso, ciò che nella sua ottica è il compito del capitale. Mi scappò detto: “Presidente, allora da noi non funzionano”. La prese sulle prime come la battuta scema di un giornalista di provincia che voleva fare il Bel Ami un po’ cinico. Poi si accorse che un suo stretto collaboratore di origini sarde, che assisteva all’intervista, assentiva vistosamente. Capì che eravamo entrambi seri e un po’ tristi. Diventò un po’ triste e pensoso anche lui e la cosa mi piacque perché me lo fece iscrivere nella sparuta categoria dei politici che non se ne fottono di quanto accadrà dopo. Un’altra volta, quando era presidente della Commissione europea, salii con lui, per intervistarlo durante il viaggio, sull’aereo di linea che lo portava da Firenze a Bruxelles. L’argomento dell’intervista era una sua imminente visita in Sardegna, ma in realtà volevo scoprire se si sarebbe ricandidato alla presidenza del Consiglio. Cosa che poi avvenne. E vinse, dimostrando ancora una volta che era l’unico in grado di sconfiggere Berlusconi. Al decollo mi chiese -E’ mai partito da qui con un aereo grosso come questo? -Né grosso né piccolo. E’ la prima volta che uso l’aeroporto di Firenze: solo Pisa. -Bene, allora sappia che qui la pista è corta e gli aerei più pesanti devono forzare i motori tenendosi frenati, poi il pilota molla i freni e l’aereo schizza in avanti decollando con meno rincorsa del solito. -Quindi c’è un po’ da avere paura? -Il brutto è se all’ultimo momento hanno paura i piloti, come qualche anno fa, quando qualcuno ha avuto paura di decollare con gli accordi programma. -Allude, presidente? -Sa, io in genere non alludo. Dico.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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