Mio babbo faceva l’autista, guidava un’autocisterna gialla con la quale riforniva di benzina e gasolio i distributori della Shell che erano sparsi lungo le strade e i paesi di mezza Sardegna.
Usciva al mattino presto e rientrava la sera, indossando una tuta di tela blu con la conchiglia gialla stampata sul petto, a sinistra, che a me piaceva tanto, con quel bell’odore di benzina che mi ha sempre attratta, più di ogni altro profumo.
Ci portava dei regali spesso, al rientro dai suoi viaggi, soprattutto da quelli più lontani: qualche maglioncino, qualche busta di caramelle e persino qualche giocattolo, trottole di legno, quelle che si lanciano con lo spago, e giocavamo a “paramitippacca”, una sfida a chi riusciva, con la propria trottola, a spaccare quella dell’avversario, poi palline di vetro per giocare a “gariccio” nelle strade polverose di una Porto Torres, che era, ai primissimi anni sessanta, un paese di diecimila abitanti o giù di lì.
Un giorno babbo ci portò un cane: un cuccioletto nero, che stava in una mano, un batuffolo rotondetto col pelo ondulato, lucidissimo, la coda a pennacchio e le orecchie che promettevano di crescere.
Lo chiamammo Rocchi, con due “c”, che ancora la kappa e la ypsilon non erano di moda..
E Rocchi nel giro di pochi mesi divenne un bel cagnone, simile a un cocker, solo un po’ più grande e con le orecchie più piccole, forte come un torello, allegro come un bambino, fedele come un cane: un puro bastardo!
Rocchi entrò di diritto a far parte della famiglia, divenne il nostro compagno di giochi, parte integrante di quella “greffa” affiatata che comprendeva, oltre i miei fratelli gemelli Peppino e Antonio, diversi ragazzini poco sopra i dodici anni che se lo portavano appresso in tutte le loro scorribande: al fiume a caccia di ranocchi, al mare, in giro per le strade del paese, una perfetta guardia del corpo conosciuto e rispettato da tutti.
In estate anche lui, come noi, diventava biondo, per il sole e per il mare: non perdeva una giornata a Balai, dove dava spettacolo col suo slip a tuffare dalla Roccamanna e a rimorchiare a nuoto, fino alla spiaggia, i ragazzini che si attaccavano alla sua coda.
Ce lo invidiavano quel cane che, dicevano, “gli manca solo la parola”, e qualcuno ci provava: “A me lo vendi? Ti do duemila lire” (che erano una bella cifra!)
Ma Rocchi non avere prezzo, era un idolo, un eroe, una star, si direbbe oggi.
Il porto, allora, era un via vai di navi, soprattutto mercantili e petroliere, sono gli anni della costruzione degli impianti petrolchimici della Sir, e in giro era un brulicare di forestieri, molti trasferisti e marinai.
Proprio un marinaio greco, imbarcato su una petroliera, si innamora perdutamente di quel cane bizzarro, allegro, delle sue performances, della sua intelligenza e della sua fedeltà.
Fu così che Peppino, da pilandra quale era, dopo estenuanti trattative, vendette il cane. Lo vendette per tremila lire a quel giovane che poteva avere una ventina d’anni, con i capelli nerissimi e la pelle da magrebino.
E Rocchi lo seguì, con quell’improbabile guinzaglio di corda e il collare di pelle ricavato da una vecchia cintola di babbo.
Quel pomeriggio di fine agosto la nave, con a bordo il nostro Rocchi salpò, e a salutarlo, sulla banchina, Peppino, Antonio, e i loro amici Andreuccio, Francesco, Stefano e Tore.
Ma come la nave mollò gli ormeggi e girò la prua per uscire in mare aperto, tutti a correre, verso la scogliere di levante, fino all’imboccatura del porto ad aspettare che passasse, per dare un ultimo saluto a Rocchi che partiva verso terre lontane.
E più la nave si avvicinava all’uscita del porto e più Peppino fischiava, quel caratteristico fischio che Rocchi sentiva, ovunque si trovasse : “FIUU FIIII, FIUU FIII, FIUU FIIII”…
Rocchi sentì, ah se lo sentì! con un tuffo come quelli che solo lui sapeva fare a Balai, saltò giù dalla fiancata che era ben più alta della Roccamanna e nuota, nuota faticosamente, con la fune ancora legata al guinzaglio, la bocca chiusa, una zampata dietro l’altra, veloce fino alla banchina dove il gruppo di amici lo issano, e appena sulla banchina si scrolla di dosso tutta l’acqua, tutta la paura e tutta la sua complicità.
Perché si sa, il richiamo del “sangue” supera ogni paura e i fratelli mica si possono lasciare così!
Rocchi quella sera tornò a casa, come al solito, saltellante e scodinzolante, col pelo ancora umido, con la sua greffa, tutti muti come pesci, tutti soddisfatti come se nulla fosse.
E via come ogni giorno, in giro a scroccare uva dal carretto di Ciricu, che vendeva frutta e verdura, a prendere al volo qualche pezzo di carne che signor Pietrino, il macellaio, gli lanciava da dietro il bancone, a tuffare dalla Roccamanna, a inseguire gatti e a giocare spensierato e felice coi suoi amici di sempre…
Saranno passati tre o quattro mesi quando, una mattina, si presentò a casa il marinaio greco che un po’ a gesti, un po’ con qualche parola in italiano, indicando il cane accucciato indifferente in corridoio, fece capire a mamma che voleva indietro i soldi, le tremila lire con le quali aveva pagato Rocchi.
Povera donna, tremila lire?
Tremila lire non erano poche, allora, per una famiglia numerosa come la nostra, ma soprattutto si infuriò, mia madre, per quello scherzo che era stato fatto al giovane straniero.
Così Peppino, che le tremila lire da quel dì se l’era spese, con la sua faccia di bronzo lo sfidò: «Tu non lo hai trattenuto, non ci sei riuscito a farti ubbidire, se vuoi lo puoi riprendere, portatelo via!».
E il povero ragazzo se ne andò arrabbiato, non senza aver regalato un’ultima carezza a Rocchi che accennò persino una scodinzolata.
Sarà stata le decima volta che Rocchi era stato venduto, ma quella fu anche l’ultima.
Nata quasi a metà del secolo scorso, ha dato un notevole impulso, giovanissima, all'incremento demografico, sfornando tre figli in due anni e mezzo. La maturità la raggiunge a trentasei anni (maturità scientifica, col massimo dei voti) e la laurea...dopo i sessanta e pure con la lode. Nonna duepuntozero di quattro nipotini che adora, ricambiata, coi quali non disdegna di giocare a...pallone, la sua grande passione, insieme al mare.
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