La scena è quella di una trafficata strada di New York, ma potrebbe trattarsi benissimo di una qualsiasi altra città moderna e cosmopolizzata.
Ché in fondo, tutto il mondo è paese.
Naturalmente nello sketch sono attori ad agire in mezzo ad una folla ignara, ma sono bravi e nessuno saprebbe dire che quello che casca per terra, ingombrato di borse e buste, trasandato e trascurato, non sia un homeless, un clochard, un accattone. Inciampa e si ritrova per terra, la stampella è volata lontano, ma fra tutti i viandanti che gli passano a fianco, nessuno di loro si ferma ad aiutarlo. Per più scene e per più ore, alla fine, solo un altro disperato, un altro senzatetto, offre un aiuto al malcapitato.
Poi l’attore si trucca di nuovo, questa volta è un distinto signore, ipo-vedente, che cade sulle strisce pedonali e subito tutti si danno da fare per soccorrerlo, così sul marciapiede, nel centro commerciale, come se quelle persone non fossero più le stesse di prima, mentre è solo l’attore ad essersi trasformato.
Indifferenza in un caso, repulsione, quasi disprezzo e/o godimento dell’altrui sofferenza, distacco e lontananza.
Solidarietà, commozione, empatia, piacere di donare aiuto, nell’altro.
Due modi di essere che credo non abbiano mai lasciato indenne nessuno, anche se per motivi e cause diverse, non è paragonabile infatti, chi si fa una risata perché al suo rivale è successo un guaio, con chi non solo deride e festeggia, ma dileggia ed aggiunge offesa alla già triste morte di disperati in mare.
Il confini umani di dignità della vita come della morte, in troppi, li stanno superando da tempo e la cosa è vista quasi come fisiologica, mentre così non è e non deve essere.
Sempre più persone, sull’onda dei moods (umori) che i media trasmettono con una scienza quasi maniacale, utilizzano linguaggi e parole che suscitano odio e distacco, differenze e attriti, dal salumiere sotto casa all’impiegato della banca o dell’ufficio pubblico, due fronti di persone che si confrontano e sono costrette a sopportarsi, proprio perché quel pensierino, quella leggera supponenza di superiorità prima o poi la proviamo un po’ tutti, e in troppi ne perdono il limite e confine.
Ma eccoci qua, a piangerne altri 700, non so quanti dall’inizio dell’anno, incalcolabili dall’inizio di questi esodi dei quali sono abbondanti decenni che facciamo finta di non accorgerci, facciamo finta di non entrarci nulla, ma non è così ed oggi lo sappiamo tutti, quella che si è aggiunta è la presunzione che siccome in qualcosa ci si crede, questa sia quella giusta. Se poi, oltre che convinti, si vedono pure in tanti e supportati da una pletora di personaggi pubblici, trasmissioni e bollettini “fatti.apposta.per.te”, ecco che automaticamente si sentono non solo liberi, ma anzi in dovere di rovesciare sul resto del mondo tutta la loro schifosa ed odiosa bile, amplificando il tutto con un mezzo come internet, che ogni pisciata di microbo la moltiplica per miliardi.
Piangere, riflettere e inorridirsi per questi fatti e per tutto ciò che intorno ad essi si genera, si sviluppa e si spande come una coltre di particolato che tutto avvolge e penetra. Aprire tavoli e dibattiti, organizzare brevi minuti di raccoglimento e lunghi discorsi da macinare ogni volta non servirà, se non saremo capaci di intervenire prima su questa sub-cultura, su questa ennesima pressione atta a tenere il più possibile le masse dentro confini culturali e di consapevolezza minimi e per questo inutili. Non servirà a nulla ed ogni volta, ad ogni data e commemorazione, potremo solo ripetere, ripeterci e vedere ripetersi, ancora una volta queste inumane tragedie. Non ci sono altre possibilità, altri “ritenta, sarai più fortunato”, scaraventati in mezzo al mare.
Se lo chiedono e ce lo chiedono anche loro ormai, ce lo chiediamo tutti, come mai appaiano sempre quelli brutti, sporchi e cattivi, di immigrati, e così poco si parli invece di quella stragrande maggioranza di loro che è onesta, che lavora e paga le tasse garantendo le pensioni a molti dei nostri anziani, pensioni che questi fratelli stranieri in casa nostra, probabilmente non godranno mai? Di una maggioranza che è per oltre metà nata qua, del resto, esattamente come ognuno di noi.
Restiamo Umani, diceva il coraggioso Vittorio Arrigoni, o forse il problema sta proprio lì, nella nostra umanità, che non sa comprendere al suo interno ciò che secoli fa apprendemmo dagli animali, una umanità che non per tutti sappiamo esprimere e che, solo per questo, non meriteremmo a nostra volta, non da tutti. Non certo da quelli a cui l’umanità gliela abbiamo portata via a suon di guerre e di invasioni, di colonizzazioni e di sfruttamento, di schiavitù, esodi, di campi profughi e di stermini, eppure ancora di noi sono costretti a fidarsi, tanto da rimetterci ancora la vita.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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