di Fiorenzo Caterini
“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. E’ l’invasione degli imbecilli”.
Come gli si può dar torto al grande semiologo Umberto Eco? I social network sono infestati dalle patacche, dalle solite retoriche, da banalità insulse. Spesso, attorno a queste ripetizione infinite di retoriche, o alle patacche più false e sciocche, si formano file di condivisioni e di approvazioni, tanto da far riflettere sulla reale consistenza critica delle masse popolari in genere.
In particolare, non c’è dubbio che il fenomeno del razzismo trovi nella rete la sua più evidente degradazione, con la confezione artefatta di bufale da mettere in giro, condivise ciecamente da una moltitudine di persone impressionante. In alcuni casi, siti di informazione che hanno riportato notizie riguardanti gli immigrati hanno dovuto chiudere la pagina per l’indecente sequela di insulti, ignoranza e cattiveria mostrata dal pubblico intervenuto a commentare.
Ma spesso anche il dibattito politico, su internet, assume i contorni di una retorica anti-politica priva di qualsiasi riflessione che non sia l’insulto al politico di turno, condita di banale e persino sciocca retorica anti-patriottica, anti-italiana, esterofila; oppure si risolve in una diatriba logora, destra contro sinistra, e per i nostalgici sopravvissuti, fascisti contro comunisti.
A volte stare dietro la tastiera, mi pare di poter dire, è come stare al volante di un’auto: protetti dalla schermo di vetro, si liberano le parti peggiori di noi, gli istinti biechi e asociali, e gli insulti scorrono a fiumi.
Come reazione alla dichiarazione di Eco, subito è insorta la controffensiva della libertà di espressione e dell’anarchia della rete. Eco è stato classificato come il tipico dinosauro, conservatore e protettore dello status quo, difensore dell’accademia e rappresentante del mainstream.
Le dichiarazioni di Eco, è parso di capire, erano dirette all’idea di una selezione delle informazioni della rete, una sorta di struttura, più o meno istituzionale, diretta alla approvazione mainstream della diffusione delle notizie in rete. Un po’ come quello che accade al sistema informativo in Italia e in gran parte del mondo.
In pratica, secondo Eco, internet dovrebbe riprodurre un sistema di controllo che già esiste nella carta stampata, nella televisione, nell’editoria, nell’Università.
Invece di diversificare le modalità con cui si diffondono le informazioni, si reputa proseguire nello stesso sistema di controllo che il linguista Naom Chomsky ha già mirabilmente descritto nei suoi libri.
Un doppione di quello che già c’è, secondo il vecchio adagio che l’informazione è potere.
E tuttavia, non oso pensare chi dovrebbe avere il compito di controllare le informazioni su internet. Eco parla genericamente di “giornali” e “professori”.
Le forme del potere che hanno controllato le informazioni negli ultimi 20 anni in Italia, per fare un esempio, sono quelle della politica, sotto forma di lottizzazione, e dell’economia, sotto forma di proprietà.
L’esplosione dell’intolleranza razziale in Italia ha origine, tra le altre cose, nell’offensiva culturale portata avanti da un partito che è stato per molto tempo nell’area governativa, la Lega. In pratica, le bufale razziste finirebbero per essere controllare dagli stessi che le diffondono.
Ma l’episodio della Lega mette in evidenza che spesso è la cultura generale che si riflette su internet, e non il contrario. Internet riflette una società che, a causa di quella scellerata politica, ha alimentato il razzismo. Lo stesso “mainstream” è causa della degradazione dell’informazione.
Allo stesso modo è noto che una gran parte dell’informazione e dell’editoria nel nostro paese è nelle mani di un signore che ha dominato la scena politica per 20 anni. Gli studi sociologici sul “berlusconismo” hanno mostrato una tendenza all’americanizzazione della cultura e della politica italiana, con una visione stereotipata dell’informazione, sottoposta ad un controllo piuttosto ferreo, tanto da far precipitare l’Italia nella classifica della libertà di stampa.
Anche in questo caso il tutto si è riflettuto sulla coscienza civile del paese, abbassandone certamente lo spirito critico e la capacità di discernimento.
A voglia di dare la colpa a internet.
Ma anche quelle pagine che sono state chiuse per razzismo, a bene vedere, erano gestite da organi di informazione che, in qualche caso, si erano resi protagonisti essi stessi di bufale razziste.
Come a dire, quelli erano i loro lettori.
E non mi pare che giornali come Libero e telegiornali come Studio Aperto differiscano di molto da qualunque dibattito in rete, e anzi.
In rete ho visto svilupparsi dibattiti di grande interesse, che difficilmente avrebbero potuto svolgersi da altre parti.
E spesso non a tutti è data la possibilità di potersi esprimere nei giornali o di essere preso in considerazione dall’Università.
Probabilmente questo mio articolo non avrebbe udienza in nessun mezzo di informazione che non sia internet. Poco male, si dirà, è l’articolo di un imbecille internettiano.
E tuttavia, occorre dire, accademia a parte, che Umberto Eco non è mai stato considerato un uomo di potere secondo una visione tipica del termine.
E allora, come mai questa uscita così palesemente conservatrice?
E come mai una visione così parziale e scomposta dell’informazione, come se essa non fosse il risultato di un sistema generale della cultura, della capacità di critica e della libertà di espressione di un paese?
Ebbene, io credo che spesso, anche al più accorto comunicatore, possa scappare via qualche sciocchezza, detta magari in un momento di euforia o di sconforto, e senza rifletterci sopra a lungo.
Esattamente come capita a tanti di noi qui su internet.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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