Io non lo so come si scrivono certe cose. Non lo so perché non riesco ad impararlo. Non ho ancora capito questa storia della vita e della morte e non ho capito, soprattutto, perché quando ci sfiora da vicino, quando ci ferisce, quando ci addenta e ci morde l’anima questa cosa fa più male. Molto male. Ho subito – e utilizzo il verbo subire a proposito – una serie di ingiustizie che non sono mai riuscito a incasellare negli armadi della memoria: sono morte persone troppo giovani per quella strana parola che nessuno osa pronunciare e che, invece, ha lastricato un bel tratto della mia strada. Ho perduto colleghi, amici, parenti per colpa del cancro. Sono rimasto sena parole, senza sguardi appropriati, senza neppure riuscire a disegnare un solco che desse un senso a questo nostro passaggio. E’ vero, passiamo su questa terra leggeri e, magari, fra qualche secolo saremo solo granelli di sabbia sparsi in una spiaggia immensa. Oggi ho saputo che è morto Gavino Ricci. E’ stato un redattore di Sardegnablogger e poi le nostre strade si sono divise. Succede. Molte volte le parole allontanano e costruiscono solchi nelle pause della vita. Gavino però è un ricordo gioioso, lui e una certa sassaresità, un certo modo di vedere le cose, quel gusto bellissimo di stare, da sempre, dalla parte del torto. Mi ricordo che una volta, in chat, si parlava di scuola e dissi che Gavino mi ricordava un mio amico, quello dell’ultimo banco, sempre pronto a far casino, ma con un’intelligenza terribilmente bella. Lui mi rispose che occorreva sempre provare a camminare con le scarpe di un altro prima di poter affermare certe cose. Mi colpì molto questa frase, come mi colpì il suo modo di voler essere sempre coerente con quello spirito libero e ribelle. Amava il mare. Profondamente, visceralmente. Lo amava perché con il mare non esiste nessun patto; lo amava perché il mare è profondamente leale e dimostra sempre e da sempre la sua forza. Il mare non si sfida. Con lui ci si convive giorno per giorno. Il cancro, invece è bastardo. Profondamente bastardo. Si è mangiato Ciro, Giovanna, Antonio. Tutti miei carissimi amici. E si è divorato Gavino che aveva un sorriso adatto alla vita, alla sfida, al mare, alla voglia di urlare la sua verità. Mi dispiace, come dispiace a tutta la redazione di Sardegnablogger. Ce lo siamo detti in chat con qualche pausa e frammenti di ricordi. Le strade, per quanto si possano dividere, non saranno mai due parallele. Le scelte, per quanto diverse, non potranno superare la soglia del dolore e del ricordo per chi, come Gavino Ricci, ha condiviso un piccolo sentiero: quello di Sardegnablogger. A nome della redazione e dei lettori un ultimo e forte saluto. Io non lo so come si scrivono certe cose e non so come mandare affanculo il cancro. Tu, ne sono certo, saresti stato molto più bravo e meno politicamente corretto di me e, come dicevi e scrivevi sempre: “buon vento!”.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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