Negli anni ’80 Peter Glotz, ideologo della socialdemocrazia tedesca, parlò della cosiddetta “società dei due terzi”, concetto che all’epoca ebbe molto successo. Glotz spiegò che il benessere aveva raggiunto gli strati maggioritari della popolazione, che ormai aveva abbandonato al suo destino il terzo svantaggiato della società, i poveri, i disoccupati, i precari, i pensionati al minimo di pensione. Tuttavia quella maggioranza riusciva a tenere il tessuto sociale unito, garantendo, pur nelle evidenti disparità sociali, una crescita che è arrivata fino al secondo millennio, quando la crisi economica, con la conseguente assenza di crescita, ha cominciato a imperversare nei paesi dell’Occidente ricco. Com’è ormai piuttosto evidente, il peso della crisi è stato scaricato sul cosiddetto ceto medio: impiegati, artigiani, piccoli commercianti e professionisti. Basta vedere quanti negozi e quante partite IVA chiudono, o sapere che ormai da quasi dieci anni i dipendenti pubblici sono senza contratto, per averne una prova. Si è parlato in questi giorni della frantumazione sociale che ormai imperversa, e che in Italia si è manifestata con forza durante la campagna referendaria delle modifiche alla Costituzione. Nel mondo la vittoria di Trump e la Brexit, oltre all’avanzata di partiti xenofobi e populisti, conferma questo quadro di frantumazione sociale. Restando dentro la simbologia della società divisa in tre terzi, si può dire ormai che il “terzo” dei privilegiati, abbia rotto l’alleanza con il ceto medio, e che questo sia ormai sul piede di guerra. Il “terzo” del ceto medio ha smesso perciò di essere il ceto “riflessivo”, e ormai sempre più si avvicina nei modi e nei comportamenti alla parte più estremista e radicale della società, a causa del tradimento del “terzo” privilegiato. In termini sociali complessivi, la rottura del patto ha comportato una contrazione dei consumi con l’effetto, generale, di un tunnel critico dal quale non si vede ancora la luce. Come sostiene anche Stephen Hawking, l’unico modo per uscirne è ricomporre il patto sociale con politiche di sobrietà che partano dal “terzo” privilegiato. E’ il terzo privilegiato che deve comprendere che per ricomporre la società deve rinunciare ad una parte dei propri privilegi e riattivare così i consumi. Costoro si comportano come quelli che si attaccano alle cabine più lussuose mentre la nave affonda. A dare uno sguardo al nostro mondo, tuttavia, sono pochi i governi che sembra abbiano compreso questa cosa, fatta salva l’eccezione dell’ex presidente uruguaiano Pepe Mujica. A dire il vero c’è un altro capo di stato che pare abbia compreso questa cosa, ed è il capo del Vaticano, Papa Francesco. Poi anch’egli, a quanto pare, è inviso ad ampi strati della “casta” vaticana, ma intanto resiste. La Chiesa sembra fiutare prima degli altri i cambiamenti del tempo e adeguarsi, o almeno mettere un tampone alla situazione critica. Non è un caso che, con i suoi duemila anni di vita, è l’associazione con la più lunga vita del mondo intero.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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