Per tutto il mese di agosto avevo promesso a me stesso che, un giorno o altro, Riccardo Magrini sarebbe stato il Personaggio del giorno di Sardegnablogger. Invece quel ritratto non sono mai riuscito a scriverlo. Lo faccio oggi, mentre Riccardo lotta contro la morte nel letto di un ospedale. Riccardo Magrini è il commentatore tecnico delle corse di ciclismo trasmesse da Eurosport, la spalla di quell’eccellente professionista che è Salvo Aiello. È stato un buon corridore, Riccardo, con una vittoria nel Tour in carriera e tanti piazzamenti. Poi è stato direttore sportivo su varie ammiraglie, prima di scoprire il suo talento al microfono. Magrini sa tutto del ciclismo, come chi ha sempre vissuto nell’ambiente. Questa conoscenza, filtrata dalla sua intelligenza e del suo acuto spirito di osservazione, lo ha reso un narratore di ciclismo gradevole come pochi altri, sarà anche per la libertà di linguaggio e di argomenti concessa ad una tv non istituzionale. “Una volta, alla fine di un allenamento in montagna con Moreno Argentin, quando stavamo per arrivare a Selva di Val Gardena, stravolti dalla fatica, un tizio ci urlò dietro di andare a lavorare. Lasciammo le bici e lo rincorremmo, na non riuscimmo a prenderlo”. C’è tutta la toscanità di Magrini, nato a Montecatini, nel suo racconto di un fatto di sport (ma che quasi mai è solo di sport, essendo il ciclismo molto di più). Io ho iniziato a guardare classiche e gare a tappe su Eurosport perché venivano trasmesse in alta definizione, quando la Rai ancora non l’aveva. Aiello e Magrini, commentando da uno studio e non dal vivo della corsa, senza inviati per strada, erano inevitabilmente esposti a imprecisioni e a qualche confusione. Col passare degli anni, però, ho scoperto che questo deficit tecnico veniva abbondantemente colmato da quel modo romanzato, poetico, di raccontare una corsa di biciclette. Magrini sa qualcosa di oscuro agli altri su ogni strada, su ogni luogo, su ogni corridore, colleziona e affabula centinaia di episodi, arricchisce ogni chilometro di corsa col suo vissuto, con i singhiozzi di un uomo facile alla commozione. Chi va in bicicletta sa che alla sera, quando ci si ritrova a cena dopo una lunga tappa, ogni immagine di quella giornata trattenuta dalla memoria si colora di una tinta epica, indipendentemente dal rango dei ciclisti. Ecco, i commenti goderecci di Magrini hanno questo sapore persistente. Sono la chiacchierata finale tra amici, abbagliati dallo scintillare dei calici di vino. Gli acuti finali sotto la linea del traguardo, a sottolineare l’acme della performance sportiva, mi fanno dire che Magrini è per il ciclismo quel che Galeazzi è stato per il canottaggio olimpico. E cosa c’entra, Magrini, con la Sardegna? C’entra, perché le imprese di Fabio Aru, scandite dai suoi incitamenti, trascinano ed emozionano di più. Magari anche chi in quell’ajò indirizzato al campione di Villacidro riesce a vedere una fastidiosa caricatura di certi modi di dire della nostra terra. Riccardo ieri è stato male e ora è ricoverato in coma al San Raffaele di Milano. Spero con tutto il mio cuore che il suo sappia essere più forte della minaccia. Voglio di nuovo sentirlo strillare per le future vittorie del Cavaliere dei quattro mori, sulle montagne d’Europa.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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