Un’ondata di indignazione e raccapriccio ha travolto la rete, nei giorni scorsi, per la notizia di un nigeriano che avrebbe arrostito un cane in un centro profughi. Come sempre, approfondendo il fatto, la verità si è rivelata essere molto distante dagli strilli dei siti xenofobi. Se agli indignati e ai raccapricciati fate notare che il cane era già morto e il nigeriano un minorato mentale, perché questo era, perdete tempo: era nero, questo spiega tutto e cancella ogni attenuante, compreso il disturbo psichico. Una volta, a raccontarlo fu Paolo Villaggio, il grande Fabrizio De Andrè mangiò un topo per onorare una scommessa che aveva perduto. Oppure potrei ricordarvi di quella volta che sulla pagina gastronomica de L’Unione Sarda, anni duemila, venne proposta la ricetta per cucinare uno stufato di gatto. Mi sovviene anche lo scandalo accaduto alla Rai qualche anno fa, quando l’autore Beppe Bigazzi somministrò al pubblico delle rete pubblica una serie di consigli per servire piatti a base dei nostri amati felini domestici. Oppure potrei raccontarvi di quando i topi li mangiavano i nostri nonni soldati, al fronte (racconti che ho sentito personalmente). Come vedete ci si può indignare e provare raccapriccio anche con le imprese gastriche dei musi bianchi. È solo una questione di memoria.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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