E se andava al Corso da Panini ragionier Futtibecciu cominciava ad assaggiare prosciutto. E questo è troppo dolce e questo è troppo salato e se ne mangiava un etto abbondante e poi ne comprava due fettine. E la fruttivendola delle Quattro Cantonate lo temeva all’epoca delle ciliegie perché si gonfiava la pancia di Bonnanaro e di Burcei e di Lanusei e alla fine ne pagava un pugnetto di quelle che costavano di meno. E tutti ingoiavano perché era massone. Era l’unico massone di quella città che anziché fare finta di niente se lo attaccava a culo come le penne del pavone. Cioè, non è che lo diceva ma erano allusioni più o meno dirette: dipendeva dall’interlocutore. Se voleva farsi barra con Agostino lo strillone del giornale locale allora doveva essere semplice e parlava di riunioni segrete dove lui e pochi altri decidevano i destini della città. E Agostino a bocca aperta -E diziditi puru la parthi mea di dinà pa’ dugna gionnari chi aggiu vindudu? -E certo, caro Agostino. Altrimenti cosa ci staremmo a fare? -E vosthè podaristhia… -Va bene, va bene, alla prossima riunione ti farò aumentare la percentuale per ogni copia venduta. A proposito, quanto ti devo per il giornale di oggi? Pezzo di merda. E perché, non lo sapeva forse quanto costava il giornale? Ma all’altro non gli sembrava vero di mostrarsi riconoscente. -Nudda, ragionie’. Se saliva il livello culturale della vittima le entrate di ragione erano più eleganti, ma ragionier Futtibecciu riusciva sempre a farsi capire. Quando uno delle tasse gli fece presente che non aveva mai dichiarato due case che aveva dalle parti di San Giuseppe, roba di begli affitti, rispose -Ah, sì, ho sospeso il pagamento perché di questo problema delle imposte sugli immobili ne dobbiamo parlare proprio stasera in logg… tra amici, diciamo. E il travet, che il suo direttore era un noto grembiulino e lui lo temeva molto, fece un sorrisetto significativo da leccaculo, come a dire -Sappiamo, sappiamo… E imboscò la pratica. Insomma, in quella cazzo di città che ti ammazzava a colpi di cionfra se ti scopriva a grattarti un foruncolo sulla perra di sinistra ma che si guardava bene dal pigliarti per il culo se ti immaginava vestito a maschera in cappuccio e guanti, ragionier Futtibecciu girava servito e riverito negli uffici pubblici, nei negozi e da Agnesa o alla Gabbia di Sechi c’era sempre qualcuno che gli pagava il vermut. Sino al giorno che in piazza Tola non gli capitò uno di Continente. Ragionier Futtibecciu era in quel negozio che ci trovavi dalle teglie della fainè sino alle similmoka che ti facevano il caffè buono quanto l’omino coi baffi. Era un trionfo di merce in quantità imbottita tutta la notte nel locale chiuso che quando la mattina si aprivano le porte straripava sul marciapiede e sulla strada, mischiando gabbie di cardellini a padelloni per friggere, trappole di topi a forme per i dolci. Adesso c’è un locale pubblico dove ti attaccano la musica a spaccatesta e se ti vuoi sedere un notte a farti una birra e quattro chiacchiere la birra te la danno e le chiacchiere le puoi fare ma non senti un cazzo. Bah, comunque allora c’era questo negozio di merce varia e ragionier Futtibecciu stava cercando roba di una zappetta per il giardino. Possibilmente gratis. Ma era una discussione perché quello era l’unico commerciante della città che dei massoni se ne sbatteva tutti e due i coglioni e se non gli bastavano se ne faceva prestare altri due dal fratello. Mentre erano lì a parlare di zappe e rastrelli, questo tipo con l’accento continentale, che non si capiva se era di Napoli, di Firenze o di Roma, si avvicinò e chiese -Scusate, cerco Palazzo Cosìecosà. So che è in questa piazza ma non so qual è. Il palazzo in questione era appunto sede della loggia, che allora in città c’era solo quella, e ragionier Futtibecciu sollevò le antenne. -Il palazzo è quello. L’accompagno. Arrivati al portone ragionier Futtibecciu chiese -Ma lei a che piano deve andare? Il continentale diede una rapida occhiata alle targhette dei campanelli -Al secondo, dove c’è l’associazione teatrale. Sono un pianista che deve firmare un contratto. Mi chiamo Coretti. Si strinsero la mano -Ragionier Futtibecciu, piacere. Conosco bene il palazzo. Frequento il piano più su. Sa, lì c’è un’associazione molto importante della quale faccio parte. Non le dico di più perché siamo piuttosto riservati… -E non lo voglio sapere. Allora, ragioniere, io la ringrazio e… -Ma l’aiuterò a capire visto che mostra curiosità… -Ma la prego di credere che proprio… -Lasci, lasci che me ne accorgo subito quando un profano è misteriosamente attratto dall’esoterismo. -Dell’esocosa? Guardi che io penso a suonare e basta. -Va bene, va bene. Quanto costa il biglietto per il suo concerto? -Non saprei. -Non fa niente. Se non troverò posto in platea la cercherò per procurarmene uno. Se ha bisogno… si ricordi che la mia… diciamo… “associazione”, ha molta influenza negli ambienti artistici. E si allontanò con un risolino che diceva tutto. Mentre invece il pianista Coretti salì le scale sino al secondo piano, osservò la targa dell’associazione teatrale, andò avanti sino all’altra rampa e arrivato al piano di sopra bussò alla porta della loggia, dove era atteso. Coretti infatti non si chiamava così e non era un pianista ma un potente ispettore del Grande Oriente o roba del genere. Caro qui, carissimo là sino a quando il falso Coretti informò -Ho incontrato poc’anzi il fratello Futtibecciu che mi ha accompagnato al portone. Piuttosto imprudente, chiacchierone. Dovreste raccomandargli maggiore riservatezza. Il Gran Maestro locale si mostrò stupito. -Futtibecciu chi? -Mah, un ragioniere. Il Gran Maestro locale fece la faccia allarmata -Qui non c’è nessun ragionier Futtibecciu. Dev’essere una spia. -Questura? -Figurati, lo sapremmo. -Carabinieri? -Facciamo presto a verificarlo. Fece cenno a uno degli associati che stavano in capannello poco distante e gli chiese -Ti risulta che stiate facendo indagini su di noi? -Ma quando mai! Insomma, alla fine interrogando uno o l’altro dei presenti scartarono la Guardia di finanza, i vigili urbani, i servizi segreti militari e civili, la Forestale e i barracelli. Quindi non era una spia ma un semplice millantatore. -So chi è – rivelò infine un uomo politico gestore di un noto locale pubblico – Un mitomane, anche un imbroglione. Ottiene sconti, regali, favori piccoli e grandi. Il Gran Maestro era indignato -E che cazzo! Senza neppure pagare la quota di iscrizione? Si decise quindi di neutralizzarlo. Agenti bene addestrati contattarono le abituali vittime del ragionier Futtibecciu e lo sputtanarono a scortica cristiano. E a ragionier Futtibecciu gli cambiò la vita. La prima avvisaglia la ebbe al Verdi. Davano “L’invasione degli ultracorpi”, roba teccia di fantascienza, la fila dal botteghino lunga lunga fuori in strada sino alla caserma. Lui saltò la fila con una faccia che se faceva un verso era proprò, passò davanti alla bigliettaia salutandola con un gesto cordiale e fece per entrare nel foyer. Signor Carboni la maschera lo fermò torvo -Biglietto! -Ciao, Carboni. Non mi riconosci? -Eu no cunosciu a nisciunu. Biglietto! Ragionier Futtibecciu , intimidito, passò al lei. -Ma non potrebbe… con questa fila… -Si vosthè no ha gana di fa’ la fila li impristheggiu chisthu rocciareddu e digussì anda a fora a giugà a cirimella. Ragionier Futtibecciu osservò il bastone che signor Carboni si passava indifferente da una mano all’altra e se ne tornò a casa. E da quel giorno fu un precipitare di cose. Dovette pagare la frutta e l’affettato, se aveva voglia di un amaro Cora doveva aprire il portafoglio, una volta lo strillone Agostino, che spesso si faceva i titoli suoi sui fatti del giorno, vedendolo urlò -Sputtanato ragionier Futtibecciu! Tutti i particolari. Insomma, alla fine decise di parlare con un amico che nella massoneria c’era davvero e gli chiese come si faceva a iscriversi. La quota annuale era un’iradiddio e poi quello gli fece capire che non doveva vantarsene in giro e che se lo scoprivano a rubare le ciliegie dalla fruttivendola o altra roba così lo sbattevano fuori a calci in culo. -Ma allora a cosa vi serve la massoneria? Quello glielo spiegò. Ragionier Futtibecciu pagò la quota.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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