Durban’s gli dicevano per via del sorriso con cui accompagnava i vecchietti a votare. Era una specie di cottimista del partito di maggioranza relativa, che non si fidava sino in fondo della rete capillare di convincitori e accompagnatori che erano allora le parrocchie sassaresi nei momenti importanti. Quando era ora di elezioni, Durban’s veniva convocato dal partito e ritirava l’elenco delle vecchiette e dei vecchietti che gradivano essere trasportati al seggio. Oh, non erano quelli che avevano diritto all’assistenza sino a dentro la cabina, lì la procedura era un po’ più complicata, ma quelli che se non li prelevavi magari se ne fregavano di andare a votare o quelli che se non gli spiegavi le cose per bene quasi sino a che non prendevano la matita in mano rischiavano di fare casino. Secondo me almeno la metà a votare poteva anche andarci da sola, io ho visto sollevare assi da ponteggio in un cantiere da un vecchio che il giorno prima era andato a votare accompagnato. Però quelli non si fidavano ché tra rincoglionimento dovuto all’età e ignoranza che l’età non c’entrava niente c’era il rischio che sbagliassero. A esempio c’era la leggenda metropolitana che i comunisti andavano in giro a dire ai vecchietti svaporati che mettendo la croce sulla falce e martello esprimevano la loro volontà di cancellare quel partito dalla faccia della terra, in osservanza alle disposizioni del parroco che li informava sul fatto che in cabina Dio ti vede e Stalin no. Tutte balle, naturalmente, figuriamoci se i comunisti andavano a dire cazzate simili e i democristiani lo sapevano bene, ma fidarsi è bene non fidarsi è meglio e quindi i vecchietti di area li mandavano a votare con Durban’s che li catechizzava sino all’ultimo. Poi c’erano altri rischi veri: confusioni all’ultimo momento, l’amore per un figlio o un genero socialista o comunista, tentazioni come quando nella scheda compariva il Pdium con il simbolo della corona e tutti quelli che nel ’46, ignorando chi fosse davvero il re, avevano votato il re e a Sassari non erano pochi c’era il rischio che in cabina gli veniva la nostalgia. Insomma, a tutti questi Durban’s gli suonava il campanello e metteva i denti in mostra in un sorrisone. I primi anni li accompagnava con un sidecar Piaggio color acciaio che era una meraviglia. Ho fatto in tempo a vederlo in un patio di San Donato quando era già mezzo sfasciato ma la figlia di Durban’s non aveva il coraggio di buttarlo via. Stavo per chiederle se lo vendeva ma poi ho pensato che non sapevo dove tenerlo. Poi il partito gli diede in uso una Fiat 1100 bicolore, con la cappotta bianca, la carrozzeria celeste e le gomme bordate di bianco. Una sciccheria. Con quella ne accompagnava anche sei o sette alla volta, si stringevano un poco e poi allora i vigili urbani su queste cose erano meno severi. Quando non c’erano le elezioni, come lavoro Durban’s portava pacchi e missive urgenti. Una specie di posta privata anche se allora le agenzie di posta privata non esistevano ancora.Un fattorino, insomma. Io l’ho conosciuto in questa veste quando era già vecchio e siccome era periodo di elezioni gli ho chiesto scherzando se potevo accompagnarlo a votare. -Ci vado da solo. -Scusi, ma lei cosa diceva ai suoi vecchietti prima di mandarli in cabina? -Gli dicevo di votare come volevano ma se glielo chiedevano di dire che gli avevo detto di mettere la croce sullo scudo con la croce. -E lei? -Io cosa? -Cosa vota. Mi ha fatto un sorriso che sembrava Carlo Dapporto e Virna Lisi messi insieme -Cazzi miei.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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