Nell’estate del 1960 morì Mario Riva e un annetto dopo, al teatro Verdi di Sassari, io vidi il suo fantasma. Il signor Domenica è sempre domenica aveva un fratello che si chiamava Nino Bonavolontà ed era un grande musicista. Bonavolontà? E come mai era il fratello di Riva? Perché Mario Riva era un nome d’arte, quello vero era Mariuccio Bonavolontà. Insomma, mentre l’austero direttore d’orchestra provava il Riccardo III di Canepa, io da un palchetto di proscenio ne spiavo il profilo così simile a quello del fratello appena morto. E a un tratto gli scappò verso il primo violino, che non riusciva a entrare come si deve, un complesso e modulato “ma va a morì ammazzato, li mortacci tua”. E poi una risata, ma di quelle che ti fanno sentire contento di essere stato mandato affanculo da uno così simpatico. Ed eccolo lì, Mario Riva, romanaccio reincarnato per un attimo nel suo compassato fratellone, tornato per un po’ in un teatro dopo la beffarda caduta dal praticabile sul palco dell’Arena di Verona, una botola che l’aveva ammazzato al culmine di una popolarità forse mai eguagliata nella tv italiana. Faceva il Musichiere, un programma del sabato sera preso da un format americano e condito da Garinei e Giovannini in salsa italiana. La Rai aveva cominciato nel 1954, si era affermata con roba tipo Lascia o Raddoppia? di Mike Bongiorno, Un due tre di Tognazzi e Vianello (la prima storica censura: se la videro brutta per una geniale sfottitura al presidente Gronchi) e soprattutto con il Musichiere di Mario Riva. Era la televisione che aveva unificato la lingua italiana più di Manzoni e senz’altro molto più della spedizione dei Mille; che aveva contribuito a creare un’identità nazionale più del massacro del 15-18; che dal 1960 in poi avrebbe abbattuto i tassi di analfabetismo con Non è mai troppo tardi del maestro Manzi. Era una televisione economica, da pochi soldi, pochi compensi, pochi mezzi tecnici. Ed era bella. Dice, tu te la ricordi così perché era quella di quando eri bambino e da bambini è tutto bello. Balle, me la rivedo anche ora, da vecchio, basta frugare su You Tube, e il giudizio non cambia. Dice ancora, ma sei scemo? Era la tv della Dc, della censura, quella che metteva le mutande lunghe alle gemelle Kessler e faceva Tribuna Politica con il cronometro: due minuti a te, uno e mezzo all’altro. Giusto il risentimento per le Kessler in mutandoni, quei censori erano davvero bacchettoni. Ma per il resto, cosa volete che vi dica, quando vedo questi quattro coglioni che si prendono a parolacce sotto l’occhio compiaciuto del conduttore e non fanno informazione e non esprimono opinioni ma insegnano soltanto a essere cafoni, loro che purtroppo sono classe dirigente, beh, allora rimpiango anche le tribune politiche ingessate e zitto se non ti dico io di parlare. Ed è vero che censuravano le Kessler, ma censuravano anche chi si azzardava a dire che partigiani e repubblichini erano sullo stesso piano o che in fondo il fascismo “se non fosse stato per la guerra” non era tanto male. Ora, invece, alla tv ti insegnano anche queste cazzate. Ma se avete dei dubbi, andate su You Tube e guardatevi, a esempio, dal Musichiere di non ricordo più che anno, il duetto tra Mario Riva e Josephine Baker, con lui che canta “J’ai deux amours”, vergognandosi come un ladro (o fingendo soltanto, cosa importa?) per questo suo stare accanto al mostro sacro dalla gonnellina di banane. Una delizia. Ma dove le vedete ora cose come questa?
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.018 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design