La Cenerentola di Walt Disney diretta da Kenneth Branagh, da oltre un mese nelle sale cinematografiche, pur restando fedele alla variante scritta da Charles Perrault, caratterizza psicologicamente i protagonisti della favola modificando sottilmente il messaggio a cui siamo state abituate noi ferme alla versione animata del 1950. Ella, questo il vero nome di Cenerentola è si orfana, e si, vive vessata da matrigna e sorellastre. Ma non viene salvata dal principe, quanto piuttosto dall’amore. E questa è una piccola grande rivoluzione di costume. Ma di più, lascia intendere che quell’amore, che lei ha in se per la vita eredità di una mamma affettuosa, l’avrebbe salvata comunque anche senza un uomo. Anzi, lei era già salva e lo è dall’inizio del film. Perché è coraggiosa, forte, d’animo gentile ma mai sottomessa, anzi indipendente e libera. La vediamo lanciarsi pericolosamente al galoppo, occuparsi delle stalle, affrontare lavori faticosi e abitualmente – soprattutto nelle favole – destinati ai maschi. Passa le sue giornate a spaccarsi la schiena facendo da servetta a quelle stronze con cui vive e dopo aver ingoiato le peggio umiliazioni in quella che dovrebbe essere casa sua, quando sale nella soffitta dove l’hanno costretta va a dormire col cuore leggero di chi ne ha conservato la grazia e tutto sommato se ne frega di quelle che dal suo punto di vista sono solo delle “poverette”.
Il principe per lei è semplicemente Kit e la sua condizione di “apprendista” re più che un pregio, pare un difetto. Insomma più che un salvatore, il principe azzurro è un compagno di vita. Più che un uomo di cui ha bisogno è un uomo con cui condividere. Scelta dichiarata già dalla locandina che la rappresenta in corsa con i capelli sciolti, agile e leggera nel suo vestito di tulle, ma soprattutto sola.
Alle avversità ha reagito con gentilezza e coraggio così come le ha fatto promettere la mamma in punto di morte. Diversamente dalla matrigna, Lady Tremaine, magistralmente interpretata da una bellissima Cate Blanchett, che dal dolore si è fatta consumare diventando dura, cattiva, invidiosa ed educando le due figlie a cavarsela con aridi espedienti opportunistici. Se nel cartoon che io vidi nel 1975, le sorellastre Anastasia e Genoveffa erano brutte per dire brutte, nel film sembrano due playmate, ma totalmente vuote, insulse, ridicole e meschine. In qualche modo, loro si, condannate a trovarsi un buon partito per essere qualcosa. C’è una scena in cui le sorellastre denigrano, ridicolizzano, insultano Ella, secondo il loro piccolo punto di vista perché è una ragazza “semplice”, di buoni sentimenti, insomma una pazza come le urlano dietro ridendo. Mentre lei le guarda con lo sguardo indulgente e consapevole di chi sa che in realtà le pazze sono loro, ingabbiate dentro una vita decisa dalle aspettative della mamma a sua volta schiava delle convenzioni sociali. Ci sta quindi, una fata madrina, Helena Bonham Carter, ricca di humor e totalmente svampita nell’accezione positiva del termine, con tutta l’aria d’essere “single” questa volta nell’accezione divertente del termine.
Kit, il principe, ci piace perché a Cenerentola non vuole salvarla. La vuole e basta!
Ed è cosa diversa.
Giornalista, editorialista, opinionista, turista, altrimenti non si spiega come possa collaborare da sempre con gruppi editoriali, festival letterari, teatri, istituzioni. A tempo perso ha imparato a fare l’ufficio stampa, la blogger, l’insegnante, la PR, l’organizzatrice, il mestolo di una grande pignatta in cui sobbollono tendenze di comunicazione, arte, moda, politica e antipolitica. Questa scrive, forse bene ma non di tutto, ed entra a far parte della redazione di SARDEGNAblogger perché se la sa tirare.
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