Lo sguardo di Alex, il ghigno feroce, quegli occhi, quelle scorribande con i Drughi in una Londra che non ha età e che potrebbe essere Roma o Parigi, Milano o Chicago, in un anno metafisico che potrebbe essere ieri od oggi. Arancia meccanica compie 50 anni. Usciva nelle sale il 18 dicembre del 1971 e subito si gridò allo scandalo, al miracolo, alla follia, al capolavoro. Stanley Kubrick fini molte volte sulla polvere e altrettante sull’altare. Genio e cattiveria, follia e mistificazione. Quel film visto molte volte racchiude molto di ciò che è stato e di ciò che è ancora. La violenza gratuita, la tossicodipendenza, giovani che aggrediscono un senzatetto ubriaco (e succede ancora) e la “visita a sorpresa” nella villa dello scrittore Frank Alexander. Il tutto miscelato dalla musica del buon vecchio Ludovico Van. Ovvero Beethoven.E’ un film originale, unico, bellissimo nella sua follia con trovate eccezionali ed uniche per quei tempi: costumi originali, oggettistica curata, una straordinaria forza emotiva che ci attanaglia. Vidi quel film qualche anno dopo l’uscita, era vietatissimo ai minori di 18 anni e dovetti attendere molto. Però nonostante fossero passati molti anni (credo di averlo visto, per la prima volta in videocassetta, alla fine degli anni 80) mi son reso conto che quella forza dirompente faceva parte di una miscela geniale. Lo rivedo di tanto in tanto, a volte a pezzi, scegliendone alcuni tra i tanti che meritano.Il genio si misura anche da queste cose: la brutalità cruda ed insopportabile del film, il suo modo perverso di affrontare la vita è fin troppo attuale anche nei giorni nostri. Il trattamento Ludovico è ovviamente vietato nelle carceri italiane e spero in tutto il mondo. Ma quel modo terribile di utilizzare il sistema di “rieducazione” lo rende troppo moderno. Riguardatevelo, se vi resta la forza. Ne vale ancora la pena.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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