Ho avuto un amico (non invisibile) che conosceva a memoria tutte le canzoni di Lucio Battisti. Non sapeva suonare la chitarra ed era timido. Però il conoscere tutte le canzoni di Lucio lo portava ad essere maniacale: parlava come i testi. Lo chiamavamo “quel gran genio del mio amico” e fu proprio in quell’occasione, nelle serate luminosissime e infinite di estati lunghissime (ma perché adesso è tutto così diverso?) che ci inventammo dei soprannomi per amici, amiche, compagni e professori legati alle canzoni e alle strofe di Lucio Battisti.C’era Antonella che sbaciucchiava un po’ con tutti e per noi era “io vorrei non vorrei, ma se vuoi”; Marco che viveva in periferia lo chiamavamo “che ne sai tu di un campo di grano”; Renata era per tutti “un gaio cesto di amore che amor non è mai” ma non vi spiego il perché. Poi c’era Mario che passava sempre i compiti “il nostro caro Angelo”, il professore di inglese che riusciva a non farsi capire era “E da allora solo oggi non farnetico più”. La supplente di diritto, quella con i tacchi alti la chiamavamo “scende ruzzolando” , Margherita, l’amore di tutti era conosciuta come “ancora tu”, Mariangela che si era sposata proprio l’ultimo anno delle superiori era “con il nastro rosa” mentre Antonietta non la dava e non l’avrebbe mai data a nessuno era semplicemente “una donna per amico”. Stavamo così, a fare tardi e cazzeggiare a ricercare strofe e titoli anche per chi passava in quel momento davanti a noi. Non avevamo facebook, non c’erano i cellulari ma riuscivamo a ridere e rimanere cretini. Avevamo paura di innamorarci troppo.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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