Appesi ai grafici e alle statistiche aspettiamo speranzosi che la bufera passi. Ma resta sempre un dubbio. I dati italiani, estrapolati da quelli lombardi, sono radicalmente diversi. Per dirne solo uno, in Lombardia ci sono oltre il 60 % dei decessi nazionali.
Una catastrofe umanitaria.
Come si spiega? come si spiega una cosi grande differenza anche con regioni vicine, come il Veneto e il Piemonte, colpite gravemente ma non in maniera così drammatica?
Scienziati e studiosi si interrogano. Osservatori che non si capacitano dell’efficienza del Sud Italia rispetto al Nord, parlano di mistero, di mutazioni del virus, persino di fortuna per spiegare questa clamorosa differenza. A molti, abituati a ragionare con gli (ormai vecchi, verrebbe da dire) schemi mentali di natura economicistica, sembra impossibile che i paesi virtuosi siano il Meridione d’Italia, la Grecia o l’Albania, piuttosto che la ricca “padania”, o altri paesi del nord Europa o la stessa Svizzera. Il confronto tra la Grecia (11 milioni di abitanti) e la Svizzera (8 milioni e mezzo di abitanti) è impietoso: 102 morti per la Grecia, 1239 per la Svizzera (al 15 aprile), e pressapoco sembra riprendere le stesse proporzioni tra nord e sud d’Italia.
Credo, tuttavia, che l’anomalia del caso lombardo resti un unicum in Europa, e che si possa spiegare in termini molto più semplici.
Il matematico Piergiorgio Oddifreddi, in un’intervista, è ricorso ad una efficace analogia per spiegare come si propaga un’epidemia in senso esponenziale anziché lineare.
L’analogia è quella dell’incendio boschivo: ogni pianta che si incendia appicca il fuoco a tutte le piante vicine, che a loro volta fanno lo stesso. L’epidemia si propaga in questo stesso modo, raggiungendo, se non viene fermata subito, un’espansione impressionante.
Con una differenza, aggiungerei, nel caso dell’epidemia: le piante stanno ferme, non hanno le gambe, non prendono i treni e gli autobus come le persone infette. L’epidemia, inoltre, è invisibile, a maggior ragione questa, con una gran parte di asintomatici e quindi inconsapevoli “killer” liberi di andare in giro ad infettare in modo incontrollato altre persone inconsapevoli.
Ma torniamo ancora all’analogia dell’incendio boschivo. Quando si innesca, gran parte delle speranze di spegnimento sono affidate, in particolare, alla tempestività dell’intervento. Certo contano molto sia la prevenzione che l’efficenza dell’apparato antincendio, ma qualunque incendio, una volta che assume dimensioni esponenziali, sfugge al controllo delle umane possibilità, e diventa catastrofico. Quando il fronte del fuoco inizia ad assumere dimensioni chilometriche, non bastano decine di autobotti e mezzi aerei per contenerlo.
In questi casi, bisogna salvare il salvabile. Si stabiliscono le priorità, ci si concentra in particolare sulle vite umane, ci si apposta a difesa delle abitazioni, delle opere dell’uomo, trascurando il resto.
E ogni incendio, come una epidemia, nasce da un piccolo focolaio.
Prima lo spegni, meglio è.
Fattori predisponenti
Un ruolo fondamentale, nell’espandersi dell’incendio, lo fanno però i fattori predisponenti.
E nel caso della Lombardia, i fattori predisponenti si accumulavano in modo tale da presentare una bomba incendiaria ad alto potenziale.
I fattori predisponenti infatti non si sommano, ma si moltiplicano tra di loro e, a seconda della situazione, si combinano allineandosi tra di loro.
I fattori predisponenti per l’epidemia della Lombardia li possiamo individuare nell’alto tasso demografico, nel tessuto industriale, nella movimentazione continua di uomini e di merci in quella sorta di metropoli lineare che da Milano passa per Monza, Bergamo e arriva sino a Brescia, infilandosi come dita di una mano in quelle strette valli prealpine che pare siano state l’incubazione di nuovi focolai.
Un altro fattore molto discusso è quello ambientale, con umidità e assenza di vento che possono aver favorito il diffondersi del virus. Certamente un ruolo lo hanno giocato la presenza di fattori inquinanti, in particolare le polveri sottili, sia come fattore aggravante dello stato di irritazione polmonare sia, si pensa, anche ad un impoverimento delle difese immunitarie. Ci sono studi inoltre che ritengono le nanoparticelle colpevoli di trasportare il virus.
In generale, inoltre, fattori predisponenti sono quelli tipicamente italiani della socialità, della familiarità con gli anziani, dell’alto tasso di questi nello spettro demografico.
Si aggiunge anche che “l’apparato antincendio”, ovvero la sanità, era stata da tempo indebolita per le ormai note vicende legate alla privatizzazione.
Allineamento dei fattori
In un incendio boschivo, l’allineamento dei fattori si manifesta quando, ad esempio, in una giornata calda e assolata, il vento spinge l’incendio nella stessa direzione della pendenza orografica, ricoperta di vegetazione particolarmente infiammabile.
In questo caso si può assistere ad una vera e propria “esplosione” delle fiamme, che percorrono il versante della collina ad una velocità altissima.
La sfortuna ha voluto che in quei giorni in cui l’incendio divampava, i fattori predisponenti si sono allineati tra di loro, aggravati da importanti partite di calcio in stadi pieni, fine settimana con manifestazioni e shopping programmati, fiere, persino belle giornate di sole che hanno invogliato la gente ad uscire e a radunarsi nei negozi e nei locali. E’ stata una esplosione.
Quindi la situazione lombarda era ad altissimo rischio, probabilmente in Italia pari solo ad alcune realtà metropolitane del centro e sud Italia, come Roma e Napoli.
Ma a Roma e Napoli l’epidemia è stata contenuta piuttosto bene, è il caso di dirlo.
Allora bisogna tornare all’origine di questo ragionamento. La tempestività dell’intervento, che è mancata prima che i fattori predisponenti si allineassero tra di loro.
Mancanza di tempestività
Ora su questa mancanza di tempestività si sta discutendo molto. E le responsabilità che stanno emergendo, si pensi solo all’atteggiamento tenuto dalla Confindustria delle varie regioni del Nord Italia ancora oggi, mostrano quel fondamentalismo dell’economia che, in tutto il mondo, ha fatto il possibile per non affrontare per tempo l’emergenza epidemiologica, rinviarla o addirittura eluderla.
Infatti in tutto il mondo occidentale, più o meno, nonostante il vantaggio di diversi giorni rispetto al diffondersi dell’epidemia in Italia, ha prevalso questo atteggiamento di scetticismo che tentava il più possibile di tutelare gli aspetti economici, anche di fronte all’evidenza.
Tutto comprensibile. Ma il risultato è che si sono perse vite umane, e non solo: si sono allungati anche i tempi del “lockdown”, con danni economici ancora maggiori. Una volta che l’incendio è divampato, è più difficile spegnerlo, e i tempi per il ritorno alla normalità e per rimettere in moto l’economia sono più lunghi.
Il fondamentalismo economico
Lo sanno bene i paesi asiatici che hanno una maggiore esperienza in fatto di epidemie, e che sono intervenuti tempestivamente. Così come l’allargamento delle misure restrittive a tutta l’Italia ha contenuto il diffondersi del contagio nelle altre regioni del Centro e del Sud, dove ancora “l’incendio” non era divampato con tutta la sua energia.
Questo è il motivo per cui, anche a livello Europeo, i paesi più virtuosi sono risultati la Grecia e l’Albania, ben più di paesi con un bel altro livello di servizi e di sanità, come la Svizzera, la Svezia, i paesi del Benelux. Come mai? Credo che molto sia dipeso dalla tempestività dell’intervento, e verrebbe da dire anche che, paesi che hanno conosciuto devastanti crisi economiche nel recente passato, forse sono maggiormente avvezzi ad affrontare le emergenze, di qualsivoglia natura.
Ma soprattutto sud dei Balcani e meridione d’Italia hanno, verosimilmente, più armi culturali da oppore a quella cultura degli affari, a quella frenesia lavorativa, a quel fondamentalismo economico che non hanno saputo affrontare con lungimiranza la sfida che la storia gli poneva di fronte.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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