Il Consiglio comunale di Olbia ha deciso di adottare una toponomastica che richiami le autentiche denominazioni dei luoghi. Ripropongo, a questo proposito, un post scritto il 31 dicembre del 2013.
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Vi spiego perché mi sono fatto fotografare accanto alla targa che indica la via Romazzino, una delle località residenziali più esclusive della Costa Smeralda. “Romazzino” non significa nulla: è, semplicemente, lo stupro del termine gallurese “Rumasinu”. Cioè rosmarino, pianta di cui quelle terre erano ricche. Tanto che la zona era conosciuta, prima dell’avvento dei conquistatori, proprio col nome di “Li Rumasini”.
Poi i nuovi padroni decisero che Romazzino suonava meglio. In altri luoghi, neppure quelle vaga assonanza venne conservata e le vecchie indicazioni geografiche scomparvero del tutto.
L’opera di estirpazione della nostra memoria storica ha avuto una esemplare dimostrazione nello stravolgimento o nella cancellazione dei toponimi che, una volta, indicavano le varie località degli attuali comprensori turistici. Ovvero, dei nomi dei luoghi usati anticamente in Sardegna, scalzati da denominazioni di fantasia o da orribili storpiature.
Ora vi racconto una storia, a patto che alla fine della mia narrazione non vi rifugiate nella solita, stantia conclusione: cioè che siamo vittime di una feroce colonizzazione culturale che ha spazzato via i nostri saperi. Non siamo vittime, come ci fa comodo credere, siamo complici e spesso incoraggiamo questo processo. Per ignoranza, per convenienza o per superficialità.
Qualche anni fa, un assessore comunale di Arzachena promosse uno studio per il recupero degli antichi toponimi soppiantati dai nomi affibbiati alle vie della Costa Smeralda da geometri e ragionieri del Consorzio.
Cosimo Columbano – così si chiama l’assessore – assunse questa iniziativa per un dovere culturale, ma anche per motivazioni pratiche: la toponomastica assegnata alle strade dal Consorzio Costa Smeralda era del tutto arbitraria, non riconosciuta e, in definitiva, abusiva. Andava dunque sostituita per intervento del Comune, al quale quelle infrastrutture appartengono. Il Consorzio, semplicemente, le gestisce in forza di una convenzione stipulata con l’amministrazione municipale.
Quella toponomastica fai da te affondava le mani nello slang marinaresco e vi si trovavano dunque via della Randa, via dello Spinnaker o via del Cutter – giusto per citare qualche esempio – ma erano del tutto dimenticati Monti di Mola e Poltu Mannu, come venivano un tempo chiamati l’intero comprensorio e il golfo di Porto Cervo.
Columbano si affidò allora agli studiosi della Consulta Intercomunale Gallura. La Consulta è una associazione di studiosi che, attraverso ricerche e pubblicazioni, ha disciplinato le forme e definito gli aspetti fondamentali del dialetto gallurese. Vennero consultati i vecchi e, riesumati i vecchi toponimi, si definì il progetto di una toponomastica alternativa, con targhe contenenti la doppia denominazione: in gallurese e in italiano. Il tutto sarebbe stato finanziato con una parte dei proventi incamerati dal Comune attraverso le multe della polizia locale.
Quei nomi dei luoghi avevano tutti un loro perché, una ragione che, indagata, permetteva di scavare nella storia e nella vocazioni di quelle terre. Era un modo per recuperare un sapere che, diversamente, sarebbe andato disperso.
Il progetto giunse in Consiglio comunale, l’organo titolato a decidere sull’adozione del nuovo stradario. E qua avvenne quel che sempre avviene quando gli amministratori di Arzachena sono costretti a confrontarsi con l’onnipotente Consorzio Costa Smeralda, per nulla disposto ad accettare di vedere cancellata la sua toponomastica.
La maggioranza del Consiglio – per bocca di un altro assessore – spiegò che espressioni dialettali non erano degne di rappresentare una località turistica di così vasto prestigio internazionale. Insomma, il toponimo Li Rumasini non può mica essere chic come Romazzino.
L’assessore ostile puntò l’indice accusatore, in particolare, contro il ricorso al toponimo “La Fica”, che in gallurese indica la pianta del fico e ricorre frequentemente nei nomi delle località rurali. In sala tutti risero, come quando ai bambini si nomina la cacca. Eppure quell’ingrediente, sia nell’accezione gallurese che in quella italiana, in Costa Smeralda non manca di certo.
E così il Consiglio bocciò la proposta e decise di sanare la toponomastica abusiva. Cosicché tutto quel patrimonio di termini ed espressioni recuperati dalla tradizione, alle soglie di una legittimazione che avrebbe fatto giustizia del saccheggio del passato, venne cancellato definitivamente.
Non ad opera di conquistatori vandali. No, per decisione autonoma di sardi galluresi.
Quelli per cui Romazzino suona bene, Li Rumasini no.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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