Nonostante l’arrivo dell’inverno, ho ripensato spesso ad una giornata d’estate, quando, per caso, tra ragazze in riva in spiaggia ci siamo trovate a commentare una frase sentita giorni prima attorno ad un tavolo.
“I figli capitano”.
La discussione su questi figli “capitati” ci ha trascinato a parlare di tante cose, tra cui quella dei figli quasi “capitati” e non voluti, perché una delle ragazze che come me, in quel pomeriggio d’estate, immergeva i piedi nel bagnasciuga, milita in un collettivo femminista di Bologna che ha, tra le varie aree di azione, la difesa del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG).
Quella conversazione ha riecheggiato a intervalli nella mia testa, per settimane, mesi. Contemporaneamente, ho letto sulla questione.
A dicembre decido di contattare Valentina, questa volta con Deborah, militante anche lei.
Arrivo all’appuntamento con le ragazze con dati mescolati nella testa.
Il loro collettivo “Mujeres Libres” (http://mujeres-libres-bologna.noblogs.org/), agisce nell’area di Bologna, ma entrambe conoscono quei dati nazionali che ho letto per prepararmi all’incontro con loro, e sui quali, ad un certo momento, mi sono fermata, poiché giudicati controversi da altre fonti.
“Nei dati forniti dal Ministero leggiamo che il numero di aborti è in costante calo . Questi non tengono però conto del presunto aumento del ricorso all’aborto clandestino e illegale, quello che avviene anche tra le mura domestiche, indotto con metodi altamente rischiosi”, mi dicono Deborah e Valentina.
Tutto ruota intorno ad alcune parole.
Una di queste, una delle più importanti, è obiezione.
Obiezione di coscienza. Un tasso di obiezione nazionale che secondo alcune stime tende ad arrivare quasi al 70% – 90% stando alle stime della LAIGA (Libera Associazione Italiana Ginecologi per Applicazione legge 194).
Un articolo di Repubblica del 2013 giudicava poco attendibili le stime del Ministero indicanti a ventimila il numero di aborti illegali e che, in realtà, sarebbero almeno il doppio. A poco servirebbero quindi, le gioie dell’associazione dei “Giuristi per la Vita” che nel loro sito utilizza i dati ministeriali per corroborare la loro tesi, ovvero: il numero di obiettori non è per niente fuori controllo e non si tradurrebbe affatto in una negazione del “diritto”– lo scrivono così, tra virgolette – all’ IVG.
Con le ragazze guardiamo la mappa che hanno portato con loro, riguardante il tasso di obiezione tra il personale medico regione per regione. I dati non sono molto dissimili da quelli reperiti su un contributo di “Internazionale”.
I tassi maggiori – oltre l’80%- se li aggiudicano Campania, Basilicata, Molise. Stridente, in questo quadro in cui è il sud a dominare, la provincia di Bolzano, dove il tasso raggiunge la stessa vetta.
I dati sono aggravati dalle percentuali relative alle singole strutture. In alcune di esse la pratica dell’obiezione coinvolge la totalità del personale impiegato.
Così si arriva a considerare la città di Bologna e la regione Sardegna, col loro tasso appena superiore al 50% – inferiore alla media nazionale – delle isole quasi “felici”. Quasi.
E infatti, il collettivo bolognese mette a disposizione nel sito un’agenda sul servizio di IVG, corredata di numeri utili per poter accedere nella città di Bologna. (http://mujeres-libres-bologna.noblogs.org/files/2013/01/Guida-IVG-Bologna.pdf). Altre strutture sono indicate nel sito della LAIGA, dal momento che non è previsto un registro nazionale degli obiettori. (http://www.laiga.it/index.php?option=com_content&view=article&id=44&Itemid=53)
Farmaci di contrabbando, ambulatori fuorilegge, aborti nelle cliniche private. La diffusione di farmaci contrabbando – Ru 486 o cocktail di farmaci spacciati per il farmaco abortivo – dice Deborah, “E’ un altro fenomeno imputabile al dilagare dell’obiezione, che, per alcuni medici, diventa uno strumento col quale fare carriera, liberarsi di una parte di lavoro e, nel caso di chi possiede una clinica privata, vestire i panni dell’integerrimo obiettore nel pubblico e dell’abortista nel privato, ad un caro prezzo per la donna che decide di farvi affidamento, s’intende. Una cosa questa, sulla quale incide molto la condizione economica e sociale delle pazienti, e che abbiamo denunciato più volte.”
Possibilità economiche differenti, che chiamano in causa l’emigrazione all’estero per aborto.
Valentina mi mostra un tabella: in questi anni il 2% degli aborti praticati in Svizzera, Francia e Regno Unito è stato praticato a pazienti italiane.
L’obiezione non riguarda solo i medici, ma anche parte del resto del personale medico, infermieri, anestesisti. E i farmacisti. Sì, perché l’obiezione arriva ad agire anche nella sfera della contraccezione. I farmacisti che arrivano a negare la vendita della pillola del giorno dopo, sempre in nome della “difesa della vita”, anche quando la vita non è nemmeno cominciata.
Mi torna in mente Anna, ai tempi dell’università, il suo tour per le farmacie della città alla ricerca della pillola del giorno dopo. E cosa hai combinato, e con chi, e se l’ hai combinato col tuo ragazzo, lui dov’è, adesso? Meno male c’era stata quella farmacia dietro la stazione della metro, quella che stava per prendere per tornarsene a casa.
Le ragazze del collettivo mettono a disposizione nel loro sito un modulo di denuncia contro i farmacisti obiettori. (http://mujeres-libres-bologna.noblogs.org/files/2010/12/modulo-denuncia-farmacie.pdf)
La legge. Il problema dell’obiezione è uno dei nodi della legge, la 194/78. Una legge che funziona (funzionava?), si è sempre detto. È davvero così?
L’articolo 9, quello che riconosce e tenta di regolare la pratica, non pone un argine e, a fronte alle percentuali riportate sopra, sembra funzionare assai poco il richiamo contenuto secondo cui il diritto – senza virgolette- all’IVG dovrebbe essere garantito anche in virtù di mobilità del personale delle strutture.
C’è un ulteriore aspetto, quello relativo alla morale. Lo affronta Claudia Lalli nel suo libro “La verità vi prego sull’aborto”, nel capitolo dedicato proprio alla 194:
( …) Se non cambia il giudizio morale, la legge verrà schiacciata – come sta succedendo – da un macigno di dolore necessario, di condanna e di vergogna. La tutela della stirpe cara al Codice Rocco rimane come un’ombra, perché la legge 194 non ha abbastanza luce per farla scomparire. La concessione insomma è limitata: “Aboliamo il divieto penale di aborto ma ricordiamoci che dobbiamo regolamentare la decisione di interrompere la gravidanza, non possiamo lasciarla stare dove altrimenti starebbe (nel privato, che nel linguaggio dell’epoca, con riferimento all’aborto, era sinonimo di clandestinità). Per regolamentarlo, dobbiamo individuare un punto temporale (inesaurita questione!), condizioni entro le quali l’aborto è legalizzato, e procedure per accertare queste due cose”. È significativo che l’aborto possa essere eseguito solo in ospedale, in quello spazio pubblico in cui il controllo possa essere esercitato facilmente, in cui tutti sanno che una donna è incinta e vuole abortire. O meglio, che una donna è incinta e proseguire la gravidanza sarebbe una circostanza pericolosa.
Il quadro di riferimento è ancora quello conservatore. In questo sfondo la tradizionale proibizione assoluta (“non devi abortire”) è indebolita solo da una fragile eccezione (“puoi farlo se sei in pericolo”), che non scalfisce la condanna morale e la considerazione dell’aborto come innaturale. Il divieto assoluto ha solo mutato aspetto, si serve anche di termini e concetti tecnici e scientifici per mascherarsi meglio, come un camaleonte in agguato.
Con Debora e Valentina concordiamo. Il giudizio morale offusca il diritto ad una scelta.
Una morale che rende impossibile accettare come comprensibili esternazioni come quelle di una blogger francese, autrice di un post da titolo: Sono una donna tremenda che ha abortito e che se ne frega, http://rue89.nouvelobs.com/2014/02/01/suis-horrible-femme-a-avorte-sen-fout-249538
Troppo? Forse.
Ma esattamente come le incursioni settimanali dei gruppi ricollegabili all’universo di quel “Movimento Per la Vita” negli ospedali, di cui Valentina e Deborah mi parlano.
“In una di queste occasioni una donna che ha parlato con noi ha raccontato di essersi recata all’Ospedale Sant’Orsola, dopo aver deciso di interrompere la gravidanza. Ad accoglierla all’ingresso dell’ospedale, i militanti del Movimento, pronti a operare un’attività di propaganda delle loro idee, atta a far cambiare una decisione già presa. Nei pressi di una struttura sanitaria pubblica, per giunta. Nel fare questo, arrivano a promettere sostegno economico. Come se il punto fosse solo quello. Anche qui la libertà di scelta non trova spazio … e al tentativo di un controllo su un corpo altrui, si unisce quello sulla mente”.
Faccio un giro nel sito http://www.giovaniprolife.org/#, voce dei giovani del “Movimento per la Vita Italiano”. L’embrione è un essere umano, se rimani incinta non avere paura della crisi, perché, spiegano, l’INPS penserà anche a te e quella dell’aborto in caso di stupro è una falsa questione visto che secondo alcune statistiche, la correlazione tra stupro e gravidanza è molto basso. Come a dire, chi stupra sa come e quando agire. Niente panico, dunque.
Chiudo la pagina.
La parola aborto, a me, provoca un senso di sconvolgimento. Solo quella successione di fonemi che la compongono, A-B-O-R-T-O, mi fa sentire lo stomaco aggrovigliarsi tutto quanto su se stesso.
Ma peggio mi sono sentita a leggere quelle storie di uteri infilzati, solo quarant’anni fa.
Nota:
Riporto di seguito una parte di un messaggio presente sul sito della LAIGA e riguardante l’attività di alcuni nostri parlamentari europei sulla questione;
Lo scorso 20 gennaio è stata approvata la Relazione sulla parità tra donne ed uomini nell’UE da parte della Commissione sui diritti delle donne del Parlamento europeo.
All’interno della Relazione è stato approvato con larga maggioranza il documento presentato dall’eurodeputato Marc Tarabella che ribadisce: “Il Parlamento europeo (…) insiste sul fatto che le donne debbano avere il controllo dei loro diritti sessuali e riproduttivi, segnatamente attraverso un accesso agevole alla contraccezione e all’aborto; sostiene pertanto le misure e le azioni volte a migliorare l’accesso delle donne ai servizi di salute sessuale e riproduttiva e a meglio informarle sui loro diritti e sui servizi disponibili; invita gli Stati membri e la Commissione a porre in atto misure e azioni per sensibilizzare gli uomini sulle loro responsabilità in materia sessuale e riproduttiva”.
In occasione del voto di marzo è importantissimo vigilare affinché non si ripeta quello che è successo nel dicembre del 2013. Va infatti ricordato che le deliberazioni dell’Unione Europea devono essere recepite dagli Stati membri.
Ma vige tuttora il principio di sussidiarietà, in base al quale su specifiche tematiche, quali l’aborto e l’educazione sessuale nelle scuole, le legislazioni nazionali sono prevalenti su quella comunitaria.
Nel dicembre del 2013 l’eurodeputata socialista Edite Estrela aveva presentato una risoluzione che prevedeva, tra l’altro, che la Ue invitasse tutti gli Stati membri a garantire l’aborto e i diritti sessuali e riproduttivi delle donne.
La risoluzione non è nemmeno stata votata perché si è prima preso in esame un ordine del giorno del PPE appoggiato da tutti i gruppi clericali, reazionari e neo nazisti dell’emiciclo di Strasburgo, che è passato per sette voti con l’astensione dei deputati del PD Silvia Costa, Franco Frigo, Mario Pirillo, Vittorio Prodi, Patrizia Toia, e David Sassoli.
Al link https://www.change.org/p/diritto-all-aborto-e-alla-contraccezione-al-voto-europeo-il-pd-non-deve-tradire-le-donne è possibile aderire alla petizione on line lanciata dalla LAIGA. La petizione vuole sensibilizzare sull’importanza dell’approvazione della risoluzione Tarabella al Parlamento Europeo e si rivolge direttamente al segretario del PD e Presidente del Consiglio Matteo Renzi.
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