E’ l’anno di Silvio e a guardarlo adesso tutto sembra lontano, vintage, quasi melanconico. E’ l’anno della gioiosa macchina da guerra che si inceppa e Silvio che al grido di “ghe pens mì” sbanca la tombola delle elezioni. 27 marzo 1994: Silvio Berlusconi, quello dell’Italia è il paese che ama vince la sua scommessa e attraverso le sue televisioni spiega a tutti una cosa che negli anni diventerà ovvia: il modo di giocare sul campo della politica è cambiato per sempre. L’uomo, a dire il vero, ha un ego smisurato e gioca molte parti in commedia: presidente del consiglio e amico del popolo, meno tasse per tutti e impossibilità di governare, giocatore d’azzardo e croupier. Insomma, l’Italia di Berlusconi è ovviamente un’altra cosa rispetto a quella ormai logora di carriere spazzate via dallo scandalo di mani pulite. Mi rimane sempre un piccolo dubbio dopo 28 anni da quell’incredibile vittoria: e se avesse vinto Occhetto? Ecco, forse saremmo cresciuti diversamente, con la retorica della serietà e dei piccoli passi. Con Berlusconi abbiamo imparato che tutto, prima o poi, finiva a puttane, un po’ come la canzone di De André “Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poiters. Non lo so, davvero, se fosse meglio Occhetto o Berlusconi. Ma di una cosa sono sicuro: non è vero che Berlusconi ce lo meritavamo e non era una purga necessaria. Il vero problema è che noi non sappiamo mai rinunciare a farci del male. Su questa strada siamo bravissimi. Anche oggi.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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