pubblicato il 20/4/2015
– Sai a che punto mi hanno portato questo governo? L’invasione e lo schifo di gente che arriva? Quando sento notizie come 700 morti penso, menomale, 700 delinquenti parassiti in meno. Esasperazione ai limiti. –
E’ il commento di una certa Laura, vergognoso quanto la grammatica usata per vomitarlo in rete.
– Non m’interessa che affondino, basta che non entrino – le risponde Marco.
– Sempre troppo pochi – ribatte Giorgio
– Il peccato è che ci sono dei superstiti – rincara Moreno.
Una riflessione profonda s’impone su quest’odio cieco che non ha il buonsenso di tacere nemmeno davanti alla morte. Una considerazione responsabile e ponderata su ciò che spinge alcune persone, al sicuro nelle loro tane come topi, a trasformare 700 morti in oggetti glabri e freddi da catalogare come un pericolo scampato e sentirsi legittimati nel gioire della loro morte.
E mentre scorro quei commenti mi vengono in mente gli ebrei, sui cui corpi emaciati sono state scritte le peggiori pagine della storia. Su come l’uomo nel corso del tempo, ed anche oggi, riesca comunque a custodire dentro di sé quel male e quella ferocia che rendono il mondo un posto nel quale trovarsi a disagio.
Umani che diventano disumani. Che si ripiegano su se stessi fino a gioire della morte di un loro simile, davanti al cui egoismo anche le vittime rappresentano una minaccia.
Disumani uniti dalla medesima forma mentis e dallo stesso ego ipertrofico, ammantato di un iridescente mantello di superiorità morale. Disumani forniti di un angusto monolocale emotivo dove non c’è posto per nessun altro all’infuori di sé. Figuriamoci se può trovarvi spazio la pietà.
Che quei poveri cristi di immigrati in fuga dalla disperazione, raggiunti dalla disperazione e annegati fra la disperazione, costituiscano un pericolo configurandosi come una manica di delinquenti ce l’hanno ripetuto talmente tanto e in talmente tante forme che non c’è più bisogno di gente come Salvini o Santanché.
Il messaggio ormai è passato, si è insediato e abita in tanti piccoli cervelli razzisti. Da lì non viene più via, neanche col calzascarpe.
Ora ditemi, quale copione dovrebbero recitare ‘sti disperati affinché il pubblico provi pietà per la loro tragedia? La morte no. Non basta più, ormai.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
Il viale dell’Asinara. (di Giampaolo Cassitta)
Don Puglisi e la mafia. (di Giampaolo Cassitta)
Temo le balle più dei cannoni (di Cosimo Filigheddu)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
Ha vinto la musica (di Giampaolo Cassitta)
Sanremo non esiste (di Francesco Giorgioni)
Elisa o il duo Mamhood &Blanco? (di Giampaolo Cassitta)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Morto per un infarto Gianni Olandi, storico corrispondente da Alghero della Nuova Sardegna (di Gibi Puggioni)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 17.713 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design