Verso la fine di Gennaio era il tempo delle guide telefoniche. Era una giornata speciale e guai a perdere la guida nuova che veniva consegnata previa restituzione delle vecchia. Era come un rito laico. Mi piaceva sfogliare le prime pagine, quelle con i numeri della Sip: 16 ora esatta (diventato poi 161) poi il 187 per parlare con l’operatore (e rispondeva quasi sempre) il numero per dettare i telegrammi, la sveglia telefonica. Poi le città divise per ordine alfabetico e la ricerca di due cose: il tuo numero telefonico e verificare di quante pagine era aumentata la guida relativa al tuo abituale luogo di residenza. Verificare il proprio numero era legato ad un gioco con gli amici sulla “originalità” del cognome. Trovare la mia famiglia era facile: Cassitta, ad Alghero, c’eravamo solo noi e la mia speranza è che rimanessimo unici. Non chiedetemi perché. È una scemenza, ma ricordo che a questo record ci tenevo particolarmente perché a chiunque potevo dire: il mio numero è sulla guida ed è facile trovarmi perché c’è solo la mia famiglia. La guida telefonica era la bibbia laica: si cercavano le persone, i negozi, il comune, i carabinieri (ad Alghero avevano il 979797) ed era bella perché era una sorta di carta geografica legata ai possessori di telefoni. Ogni anno diventava sempre più grande e speravo che un giorno potesse essere come la guida di Roma: ben due tomi AL e MZ. Invece qualcuno decise di modificare tutto e dalla Sardegna si passò a Sassari e provincia, Cagliari, Nuoro e Oristano. Quattro guide per la nostra regione ma per noi, in consegna, c’era solo la prima. Fu il panico. Ho conosciuto gente che ha conservato per anni quella generale della Sardegna trovando terribili scappatoie per non restituirla. Qualcuno si recava nei bar dove esistevano i telefoni pubblici e strappava la pagina che gli interessava. Tutto girava intorno alla guida telefonica. Da circa una settimana qualcuno ha abbandonato un pacco di guide telefoniche nell’androne del palazzo di Cagliari in cui attualmente abito. Nessuno si è preso la briga di aprirlo e appropriarsi della guida telefonica. Lo stavo per fare, provare a ritornare indietro, quando tutto era più lento, dove per sapere l’ora esatta si doveva comporre un numero e dove per essere svegliato si chiedeva al telefono di farlo (ovviamente a pagamento). Ho guardato quelle guide con tristezza, con malinconia. Ho deciso di non aprire quel pacco. Non conosco nessuno a Cagliari e, soprattutto, sono anni, ormai, che non compongo il numero del telefono fisso di una casa privata. Vorrei poter ritornare a chiedere al mio grigio telefono: che ore sono? Senza che Siri o Alexa prendano subito il sopravvento e ti diano velocemente la risposta.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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