Su Democrazia Oggi (http://www.democraziaoggi.it/?p=3672), Andrea Pubusa, commentando il riconoscimento da parte della corte di cassazione del diritto di Doddore Meloni a usare il sardo, dice alcune cose interessanti sulla lingua.
Interessanti, perché riflettono l’atteggiamento di tanta gente di sinistra nei confronti del problema della standardizzazione del sardo.
“Se però manca quella, la spontaneità, tutto diventa un artifizio ridicolo, come taluni che fanno trasmissioni in “lingua” alla radio, mischiando un po’ di tutto, di tutto un po’. Per questo, oltre che per esserne incapace, non parlerò mai la “lingua comuna”, ossia una non lingua, che distrugge il sardo vero, quello dei parlanti. Chi non è nativo sul piano linguistico non sa e non può capire quale appagamento si prova nel parlare sardo spontaneamente nell’ambiente giusto e con le persone giuste. Il sardo parlato in modo artificioso e sforzato in talune assemblee o in taluni contesti invece è un’imposizione o autoimposizione, una violenza o autoviolenza, così come lo sarebbe imporre the common language.
Se però manca quella, la spontaneità, tutto diventa un artifizio ridicolo, come taluni che fanno trasmissioni in “lingua” alla radio, mischiando un po’ di tutto, di tutto un po’. Per questo, oltre che per esserne incapace, non parlerò mai la “lingua comuna”, ossia una non lingua, che distrugge il sardo vero, quello dei parlanti. Chi non è nativo sul piano linguistico non sa e non può capire quale appagamento si prova nel parlare sardo spontaneamente nell’ambiente giusto e con le persone giuste. Il sardo parlato in modo artificioso e sforzato in talune assemblee o in taluni contesti invece è un’imposizione o autoimposizione, una violenza o autoviolenza, così come lo sarebbe imporre the common language.”
Da queste parole si deduce che Pubusa ha il cuore al posto giusto, ma che con quel cuore, in quel posto, non è che ci faccia poi molto, visto che non si è preso la briga, in tutti questi anni, di informarsi sulla questione della standardizzazione del sardo.
Pubusa ragiona come se Corraine avesse vinto la guerra per la standardizzazione e fosse riuscito a imporre il suo idioletto a tutti gli attivisti del sardo.
Pubusa ragiona come se ancora fossimo ai tempi della LSU e del programma giacobino, scopiazzato da quello italiano, di fare indossare a tutti i sardi la stessa uniforme linguistica, quella ideata dalla poco fertile mente del Genio Incompreso dell’Ortobene.
Quello che Pubusa dice sulla lingua parlata, se permettete, io lo dico e—se permettete—con molta più cognizione di causa, già dal 1997, dal convegno del Gruppu po sa lingua sarda, a Quartu.
La mia proposta, sempre la stessa, è semplice e lineare: standardizzare l’ortografia e lasciare immutata la situazione del lessico e della pronuncia.
Ho fatto i miei bravi studi sulla questione e ho pubblicato i risultati relativi.
Pubusa chiaramente non li ha letti.
Non li ha letti, perché Pubusa, evidentemente, sulla questione avrà anche il cuore al posto giusto—come tanta altra gente di sinistra—ma poi, probabilmente, ha altro a cui pensare e non si cura di informarsi.
Se Pubusa avesse letto i miei lavori, saprebbe che esiste già dal 1997 la proposta di conservare tutta la ricchezza e la spontaneità del parlato, pur standardizzando lo scritto.
Insomma, la mia proposta è diametralmente opposta a quella di Corraine, due volte sconfitta, la seconda, proprio perché i parlanti meridionali non l’accettano,e proprio per le ragioni che dice bene Pubusa.
Ma è tutta roba che io ho già detto nel 1997 e pubblicato nel 1999: http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&s=17&v=9&c=4463&id=296933
Se Pubusa si fosse degnato di leggere il mio ultimo libro (Le identità linguistiche dei sardi, Condaghes, 2013) avrebbe scoperto quello che tanta gente interessata alla nostra lingua sa già da anni: cioè che standardizzare il lessico e la pronuncia del sardo è non solo controproducente, ma anche inutile, visto che le differenze tra i vari dialetti sono poche e non inpediscono ai sardi di comprendersi a vicenda.
Standardizzare lessico e pronuncia significa fare figli e figliastri, dividere i sardi in buoni e cattivi, come tutti abbiamo capito e più di tutti Corraine: è esattamente quello che vuole il nostro Genio Incompreso.
Se Pubusa—e tanta altra gente di sinistra—si fosse presa la briga di informarsi, saprebbe che la proposta originaria della LSC—eja, sa lingua comuna—non è quella messa in pratica da Corongiu, dottor Giuseppe, in ossequio ai deliri giacobini provenienti dall’Ortobene.
Basta—come ho detto già a Paulilatino nel 2007, Soru presente—apportare alcuni emendamenti alla LSC originaria—quella approvata dalla commissione di cui facevo parte—per permettere agevolmente diverse pronunce.
Bastano gli emendamenti che ho già presentato al presidente Pigliaru e all´assessore Firinu per arrivare ad avere s’ou, sa pudda e s’arriali-
O Pubusa, la ca seu maurreddinu deu puru!
Allora, perché non abbiamo ancora uno standard del sardo?
I motivi sono fondamentalmente due, visto che possiamo trascurare il mancato apporto dei linguisti sardignoli pagati dallo stato italiano per boicottare qualsiasi standardizzazione.
Il primo motivo consiste nell´esistenza di Corraine: senza Corraine e la sua ossessione di colonizzare linguisticamente la maggioranza dei sardi con il suo idioletto, lo standard lo avremmo già da molto: uno standard gradito alla maggioranza.
L’altro motivo è costituito dall’esistenza dei vari Andrea Pubusa, gente che se ne sbatte le balle di informarsi e si limita a sparare contro qualsiasi proposta di standardizzazione, visto che, dal profondo della loro ignoranza, non si degnano di leggere qualsiasi altra proposta che non sia quella che detestano, quella di Corraine.
Come uscire dallo stallo?
Mah, Corraine non è in grado di cambiare l’unica idea che abbia mai concepito: non b’at su tantu de s’omine.
Quindi, lasciamolo lì, nel suo grandioso isolamento: anche il suo scudiero ormai lo ha abbandonato.
Rimangono i vari Pubusa, quelli che probabilmente costituiscono la maggioranza dei sardi.
Gente con il cuore al posto giusto, ma mandronatza.
Mentalmente mandrona.
Io francamente mi sono rotto le balle di aspettare che si decidano a fare almeno quello che richiede la partecipazione al dibattito: informarsi.
Facciano quello che gli pare.
Per conto mio, mi associo al rettore di Masuddas.
La rima, mi raccomando, pensate alla rima.
Tanto, la partita della standardizzazione del sardo se la stanno giocando ancora una volta gli ignoranti.
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