Bambini nati in Italia, figli di cittadini immigrati con i documenti in regola e tasse pagate, per poter usufruire delle agevolazioni scolastiche, bus e mensa, quei genitori, a differenza di quelli italiani, non potranno autocertificare la loro condizione economica, ma dovranno produrre documenti originali del loro Paese di origine. Documenti che dimostrino che non posseggono redditi, beni immobili o miniere aurifere. Dovranno andare fino in Pakistan o nelle Filippine, con costi insostenibili e attendere mesi che qualche funzionario attesti ciò che la loro misera vita rende a tutti evidente. Oppure dovranno recarsi in Siria e chiedere alle fazioni in guerra che mettano un timbro sulla loro casa bombardata in una città distrutta, o in Somalia, da cui sono scappati mentre il governo gli requisiva le cose e l’esistenza. Così è stato disposto dall’amministrazione comunale di Lodi. Un provvedimento in spregio del Decreto del Presidente della Repubblica del 2013 che consente esplicitamente l’uso dell’autocertificazione anche ai cittadini stranieri. Così, quei bambini, nell’indifferenza delle istituzioni e imbarazzo della scuola, è impedito loro di consumare il pasto insieme ai compagni di classe. Scrive Articolo 21: “Questa vostra decisione comporta per i bambini esclusi dalla mensa, la consumazione del pasto portato da casa in una sala diversa, imponendo loro una separazione proprio nel momento di massima socialità conviviale con i loro coetanei italiani, occasione essenziale di prima integrazione reciproca e naturale, tipica della loro età.” Impedire a un bambino figlio di immigrati di mangiare insieme ai suoi compagni di classe non è solo un atto di crudeltà, un’umiliazione atroce, non senza conseguenze per i minori, ma è anche un atto di disintegrazione etica, una cecità amministrativa che escludendo i più poveri pregiudica ogni processo di coesione sociale. C’è però chi non accetta supinamente, c’è chi si ribella a questa aberrazione. Si dice che un famoso personaggio lodigiano abbia rifiutato un’elevata onorificenza cittadina, spiegando che in un momento di crescenti tensioni sociali, questa misura ha il solo effetto di esacerbare gli animi, di vessare ancora di più le persone disagiate, sottolineando che a farne le spese sono i bambini sottoposti a esperienze di emarginazione. Altri cittadini, dice nel suo blog Giulio Cavalli, raccolgono fondi per presentare ricorso e molti genitori pare abbiano scritto una lettera chiedendo che a tutti i bambini sia dato accesso alla mensa, e se non fosse possibile dare loro un pasto, propongono che il cibo destinato ai loro figli sia diviso con gli altri bambini. L’umanità sembra non sia definitivamente sepolta, insomma. Qualcuno faceva notare che noi, sardi, siamo diversi. Sicuri che sia così? Perché a giudicare dall’adunata dei filoleghisti sabato scorso a Cagliari, sotto il palazzo della regione, che in un garrire di bandiere pro Salvini protestavano perché non venga concesso il pass universitario a 30 immigrati su 40.000 iscritti, anche questo è razzismo, anche questo è apartheid, neppure camuffato. Tuttavia, nel giorno in cui, con un Decreto legge, in Italia è stata soppressa la pietà, c’è chi dice che i processi culturali, per venire a capo dei travagli e devianze, non abbisognano di un ventennio, come in passato. Adesso, è dimostrato, i miti, specialmente quelli di cartone, nascono e muoiono nel giro di due anni. Sarà la ragione umana e civile a portare giustizia e conforto a quei bambini oltraggiati, mentre Sara Casanova, la sindaca di Lodi, si sarà conquistata un posto sul palco di Pontida, insieme a qualche servo nostrano esibito come trofeo esotico.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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