Ai miei tempi, a scuola, l’ora di religione era obbligatoria e chi non ci voleva partecipare doveva presentare domanda di “esonero”. Io che a scuola sono andata da grande, per non sembrare una mosca bianca, ho fatto domanda di esonero solo quando l’insegnante era una laica, pensa un po’, mentre nei due anni in cui gli insegnanti erano preti ho fatto religione con grande interesse, confrontandomi in maniera corretta e costruttiva con due personalità che ritengo ancor oggi tra le più illuminate che abbia conosciuto.
Durante quelle ore si affrontavano argomenti di attualità con ragazzi di 18/19 anni, discussioni di carattere morale, etico e politico sui maggiori temi di quei primi anni ottanta: gli anni del referendum sull’aborto e della questione morale di Enrico Berlinguer, gli anni della lotta al terrorismo e alla mafia, gli anni in cui la piaga della droga aveva messo la società mondiale di fronte all’AIDS.
Ma erano soprattutto anni in cui si partecipava attivamente alla vita politica e sociale della città, prima che la caduta del Muro di Berlino facesse rotolare quel che rimaneva delle ideologie sulle quali si sono formate le coscienze più o meno critiche di tanti giovani.
Ma veniamo alla religione visto che siamo sotto le feste e ancora oggi in molte scuole si fa il Precetto pasquale, alla faccia della laicità della scuola italiana e degli articoli 7 e 8 della Costituzione.
Ero in quinta liceo e la settimana prima delle vacanze passò per le classi la bidella signora Lidia, una specie di carabiniere, che informava alunni e professori che il mercoledì successivo, ultimo giorno di scuola prima di Pasqua, ci sarebbe stato il Precetto a Cristo Risorto e che un’eventuale assenza si sarebbe dovuta giustificare al rientro.
Qualcuno storse il naso qualche altro fu felice perché in ogni caso non si sarebbe fatto lezione.
Chi mostrò da subito una grande contrarietà fu proprio l’insegnante di religione, che appena finì la lezione andò in presidenza per inoltrare “formale protesta”.
– Senta, signora, non si aspetti che io porti i miei alunni in chiesa mercoledì, perché io non devo costringere nessuno a partecipare ad un Precetto pasquale che ha lo scopo di allungare di un giorno le vacanze. Se Lei vuole fare il Precetto per la scuola lo organizzi nel pomeriggio, chi vuol venire viene e chi non vuol venire se ne sta a casa. Io sono anche disponibile a celebrare la Messa.
– Lei è un sovversivo! – lo apostrofa le preside – Lei deve rispettare le mie decisioni, perché forse lei non lo sa, ma io, oltre ad essere il capo di questa scuola sono anche cattolica militante!
Don Ignazio, che non è un nome di fantasia, se la guarda da testa a piedi e con aria tra il serio e lo sfottò le fa: – Guardi, Signora, lei non ci crederà, ma quelle sono le persone di cui diffido maggiormente..
Inutile dire che il prete venne invitato in maniera perentoria ad uscire: – FUORII !!
-Oja, tottu assuconadu so’ – disse don Ignazio mentre usciva.
Il Precetto pasquale quell’anno non si fece, o meglio, si fece il mercoledì pomeriggio e ci andò solo chi aveva interesse ad andare, alunni o insegnanti.
Quanto al prete, il mercoledì mattina, all’ora di religione, nella nostra classe portò pane carasau, salsiccia, formaggio e una bottiglia di vino: – Che io il precetto pasquale, con i miei alunni, me lo festeggio come piace a me e non come vuole la preside!
Nata quasi a metà del secolo scorso, ha dato un notevole impulso, giovanissima, all'incremento demografico, sfornando tre figli in due anni e mezzo. La maturità la raggiunge a trentasei anni (maturità scientifica, col massimo dei voti) e la laurea...dopo i sessanta e pure con la lode. Nonna duepuntozero di quattro nipotini che adora, ricambiata, coi quali non disdegna di giocare a...pallone, la sua grande passione, insieme al mare.
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