Dunque, dipende dagli schieramenti: abbiamo vinto oppure abbiamo perso. Il sole è sorto comunque e il lavoro (per chi ce l’ha) ha ripreso il suo corso. Come se non fosse successo niente. L’edicolante ci ha venduto il quotidiano e non aveva aria felice l’edicolante; la barista, occhi a mandorla, ha sorriso come sempre (avrà vinto o avrà perso?); il buon Ahmed continua, come tutti i giorni, a raccattare le monetine all’uscita del bar e comunque sia andata in questo caso abbiamo perso tutti. Tutti camminano su quest’aria fredda e surreale da dopo voto e tutti si chiedono: ma cosa è successo veramente? Perché ci sono stati tanti isterismi, mica si doveva scegliere tra la repubblica e la monarchia, mica sarebbe accaduto qualcosa di irreparabile in questo paese dove, come ricordava il buon Indro Montanelli: “Quando Dio scenderà per decretare la fine del mondo gli italiani chiederanno una proroga”. In effetti questo è un paese sempre pronto a rigiocarsela, mica vale la prima. Ha vinto il no. Significa che questo paese andava bene così, che la Costituzione la dobbiamo riscrivere ma riscrivere bene. Ci saranno leggi delega, decreti, occorrerà sentire regioni, comuni, barracelli, tutti. Ma la stessa cosa sarebbe accaduta se avesse vinto il Si: ci sarebbero state leggi delega, decreti, avremmo dovuto comunque sentire regioni, comuni, barracelli, tutti. Siamo un paese molto democratico ma sappiamo anche che non è vero. La rigiochiamo solo se perdiamo. Perché non mettiamo mai nel conto la sconfitta. C’è sempre un arbitro che non ha visto, un tifoso che non ha capito. Siamo sempre un po’ pasticcioni con le parole. E, in questo caso, abbiamo perso tutti. Al massimo riusciamo a dire: “abbiamo perso, ma di poco”, come quel bellissimo aforisma (credo di Gualtiero Marchesi): “La signora è in cinta. Ma solo un poco.” Buona giornata a tutti e benvenuti nella realtà. Quella che ci ha consegnato – forse per la prima volta – un Matteo Renzi che, dimettensosi, ha saputo fare un discorso da vero leader. Fuori tempo massimo, probabilmente. Da oggi ricompariranno i mici, i cani, le gite, le torte e gli spaghetti aglio e olio sulle bacheche degli italiani. D’altronde si vota una volta ogni tanto e non è il caso di essere isterici, che a Natale non si porta.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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