Mettiamola così: sono cose difficili da capire. O semplicissime. Per chi da fuori prova a sintetizzare la mancata elezione del presidente ANCI (l’associazione nazionale dei comuni italiani) della Sardegna pensa una sola cosa: non c’è unità. C’erano due candidati e questo è il sale della politica e della democrazia. Il primo, indicato da un partito (per la precisione il PD) il secondo autocandidatosi con una lettera pubblica, ma anch’esso del PD. Ora, il giorno successivo alla votazione dove, pare, non sia stato eletto nessuno (cosa di moda negli ultimi tempi: il non direttorio, il non regolamento, il non compleanno, la non elezione) ci si scanna da più parti sulle varie correnti cui i due contendenti pare rispondessero. La cosa curiosa è che i due contendenti fanno parte entrambi dello stesso partito: il PD che governa massicciamente anche la regione. Mettiamola cosi: sono cose facili da capire. O complicate. Il partito democratico non è unito, litiga su tutto, non riesce ad esprimere un segretario regionale unitario, non riesce ad esprimere un presidente ANCI unitario, soffre di grossi mal di pancia osservando l’operato della giunta regionale, espressione delle sue scelte (o non scelte). Sempre per semplificare e provare a rivitalizzare un dibattito che sembra uno scontro tra bande: perché non provate a cambiare titolo a quel giornale che, una volta era l’emblema e l’orgoglio del partito fondato ad un Antonio Gramsci che oggi guarderebbe a tutto questo con una certa perplessità? Insomma: l’Unità non è un gran titolo, almeno in Sardegna. Pensateci.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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