Ci risiamo. Ogni qualvolta un politico “italiano” passa dalle nostre parti parte l’embolo dell’indipendentismo e dell’orgoglio sardo che nessuno, in realtà, è riuscito mai a spiegare. Il Presidente del Consiglio Renzi è sbarcato sull’isola e i polpastrelli caldi e carichi di odio sui sociai si sono subito mobilitati. L’epiteto più soft è stato: “Ma che cosa è venuto a fare?” E giù maldicenze su di lui e soprattutto sulla moglie che non è bella come quella di Trump. Oltre che essere cafoni in senso tecnico e provinciali in senso lato, mi riesce davvero difficile comprendere il motivo per il quale il Presidente del Consiglio dello Stato italiano non debba visitare il proprio territorio e non possa intrattenere rapporti istituzionali con i rappresentanti di quella regione. Non si tratta di antipatia o simpatia e non si tratta di propaganda (può essere sicuramente sospetta la visista a ridosso di un referendum, come quelle di tanti altri in passato e di ogni schieramento) si tratta semplicemente di comprendere che la nostra eterna chiusura, il nostro ragionare intorno all’ombelico (piccolissimo a dire il vero) della nostra isola non ci porta molto lontano ed è inutile, a questo punto invocare la continuità territoriale: che ce ne facciamo degli aerei posto che non vogliamo nessuno sulla nostra terra e, immagino, non dovremmo toccare altri suoli che tanto siamo autosufficienti di nostro? Tutto questo vociare, tutto questo mostrare i muscoli del “sardismo” mi mette moltissima tristezza quando penso a certi politici sardi. A volte è meglio guardare da altre parti.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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