Cagliari, città metropolitana. Le sette e trenta del mattino. Attendo l’autobus in Via Sonnino annunciato dal paletto GPS in maniera molto puntuale. Arriva, come segnalato, alle 7.32. Pochissima gente: degli anziani, qualche ragazzo assonnato, una signora anziana con il carrello della spesa vuoto e due tre cinesi con i bambini con il grembiulino azzurro. Una giornata tranquilla in una Cagliari che macina quotidianità. Indietro, quasi in fondo, ci sono due ragazzi di colore con il loro cellulare sulla mani e cuffiette d’ordinanza. Avranno meno dei vent’anni. Un signore, al centro dell’autobus, comincia a dialogare a voce alta e si capisce, da subito, che il suo obiettivo sono i due ragazzi. “Questi non pagano le tasse, hanno il cellulare, le cuffie e il sindaco gli paga addirittura il collegamento al computer, la linea di internet”. la signora vicina annuisce soltanto; non ha molta voglia di parlare con lui. “Non si potrà più salire negli autobus, i sardi ormai sono la minoranza. Ma lo sa che il quartiere della marina è piena di gente come loro? C’è da aver paura signora”. La signora continua ad osservarlo silente. Annuisce senza costruire nessun sorriso. I due ragazzi sembrano ignari, avvolti probabilmente nella musica delle loro cuffiette. Il signore adesso guarda i cinesi e continua il suo singolare monologo: “Poi ci sono questi, li vede? Non si sa che fine fanno, quando muoiono spariscono, per non pagare il cimitero. Qui sono tutti sulle nostre spalle, cara signora”. La signora lo guarda e non annuisce più. Si alza perché probabilmente deve scendere e con fare pacato dice: “Caro signore, sarà come afferma lei ma i due ragazzi di colore e le signore cinesi con i bambini quando sono saliti sull’autobus hanno vidimato regolarmente il biglietto. Lei, invece, non l’ha fatto”. Il signore non sa cosa rispondere e guardandosi intorno, in maniera impacciata, afferma: “Ma io sono sardo, sono a casa mia, sono pensionato. E poi, per quattro fermate mica uno deve pagare il biglietto”. La signora scende e lo faccio anche io. Ho timbrato regolarmente il mio biglietto per tre fermate soltanto. Osservo l’autobus che riprende la marcia con i ragazzi di colore e le signore cinesi che, con diritto stanno concludendo la loro corsa. Insieme al signore che, come molti, è bravissimo a parole ma poco avvezzo nella pratica. Imparerà, mi auguro. Gli esami non finiscono mai ed oggi ha subito una bella lezione di etica.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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