Capisco sempre meno un dibattito politico che diventa uno scontro e ha la pretesa di far comprender le cose a chi le ascolta. Le persone che urlano, alzando la voce smisuratamente sono semplicemente maleducate e non hanno mai partecipato a nessun corso di comunicazione dove, da subito, il primo suggerimento che viene dato è quello di non alzare mai la voce. Ognuno ha le proprie ragioni e se le ha, appunto, farebbe bene a presentarle con modi garbati. Invece appena qualcuno formula una domanda il politico di turno (in questo caso direi politicante) quello comincia a giocare contro l’avversario. Nella boxe (lo insegnava magnificamente Mohamed Alì) ci vuole grazia e sferrare pugni all’impazzata ed in maniera scomposta serve solo per far comprendere all’avversario che non si ha una strategia. Potrai tirare mille pugni ma solo uno è quello che stende. E, probabilmente, lo sferrerà il tuo avversario. Ci sono poi quei politici che qualcuno definisce “simpatici” che amano storpiare i cognomi, i nomi dei partiti e sono anche convinti che facciano ridere. Non capiscono, invece, che la gente comincia a soppesare e a quantificare con un certo interesse cosa c’è dietro le parole. Urlare pidiota ad un iscritto al partito democratico può fare figo, può far sembrare che sul ring sei il più forte e baldanzoso, l’unico che sferra pugni con velocità impressionante. Poi arriva Mohamed Alì e il gioco è finito. Tra l’altro, attenti ragazzi: anche Beppe Grillo è stato un pidiota. Lo ha ricordato in questi giorni. Le parole, senza i fatti cominciano ad essere nude.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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