Sono andato a votare nei “gazebo” una sola volta e votai per Prodi. Poi il mio disamore è aumentato negli anni e ho deciso di “astenermi” anche perché il partito democratico non è propriamente quello che io, a 18 anni, con il mio primo voto avevo immaginato. Erano elezioni politiche tese quelle cui partecipai la prima volta, il Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer tentava il sorpasso ai democristiani senza troppa convinzione. La forza propulsiva del Pdup pareva in netta discesa e una stella nel firmamento della politica splendeva più delle altre: quella di Marco Pannella e del partito radicale. Ammetto che a diciotto anni le sirene sono tante e la confusione regna leggiadra sotto il cielo aperto. Ammetto anche che i miei diciotto anni erano molto ideologici e duri rispetto a quelli odierni. Il voto, per la nostra generazione, era qualcosa di religioso, quasi mistico. Era impensabile, per esempio, disertare le urne. Era, davvero, considerato un dovere. Il mio primo voto fu una pioggia di emozioni dolcissime. Facevo parte dello Stato, ero un pezzo del paese, contribuivo anche io a costruire il qualcosa per un futuro diverso. Ecco, osservando queste primarie del Pd provo quasi un leggero fastidio a recarmi per svolgere una scelta che, seppure legata ad un semplice voto di partito e quindi non un vero e proprio dovere, non mi affascina. Vedo in questo “primarie” qualcosa di vecchio che non è antico. Poca passione e pochissima convinzione. Forse è solo segno dei tempi. Chissà.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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