Fa un certo effetto vedere un ragazzino come Luca Lotti attaccare un capitano di lungo corso come Massimo d’Alema, che ha cominciato la carriera nella federazione giovanile dei comunisti italiani esattamente nel secolo scorso quando Lotti non era neppure nato. Fa sicuramente un effetto stranissimo a chi, pensando al vecchio PCI e al suo centralismo democratico, mai e poi mai poteva immaginare che un moccioso tentasse di prendere la parola per rispondere ad un Amendola o ad un Paietta. Lo stesso D’Alema, figlio d’arte, sapeva quando era necessario parlare e quando, invece, occorreva una buona dose di silenzio. Lo scontro sul referendum, a quanto pare comincia a scuotere i nervi del partito che annovera anche vecchi comunisti, molti democristiani, qualche socialista e parecchi riciclati. D’Alema ha cominciato una battaglia personale con Renzi. Si sono sempre detestati e prima o poi qualcosa doveva pur succedere. Gli ha rinfacciato che non sa governare e che forse dovrebbe applicarsi di più, anziché fare i comizi per il referndum. Il piccolo Lotti ha subito risposto accusando D’Alema di essere accecato dalla rabbia e dall’odio personale perchè non ha ottenuto la poltroncina di consolazione. I giovani sono esuberanti e anche d’Alema lo sa. Anche lui, da giovane ha provato a prendere la parola e provare a governare questo paese. Riuscendovi non benissimo se ricordo bene. Però se Lotti avesse detto quelle parole rivolte a Berlinguer o a Paietta avrebbe fatto una bruttissima fine. Non c’è più il PCI e, a dire il vero D’Alema non è Berlinguer. Non lo è mai stato.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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