Alghero la bella, la piccola Barcellona, il mandolino, la catalanità. La porta del turismo, la riviera del corallo, la bellezza delle sue coste, il vino e il maestrale. Alghero scolpita sul mare e Capo Caccia e le grotte di Nettuno e l’aeroporto e le spiagge e le discoteche e l’allegria e la vitalità. L’estate e la spensieratezza, Piazza civica e “todos caballeros” la “lliua” e l’algheresità. Tutti luoghi comuni per dipingere un luogo, per provare ad estrapolare una carolina di questa stranissima città che non si sente parte integrante di quest’isola e chiama tutti gli altri “lus sardus”; questa curiosa supponenza di credersi unici e, probabilmente diversi. Poi, però, bisogna viverci nelle città, saper camminare nelle stradine della muraglia e del centro storico. Bisogna saper osservare le periferie e il lavoro che non c’è più o che, forse, non c’è mai stato. L’estate, la pesca, gli orti, le vigne e il commercio. Cose volatilizzate. Si vive di terziario e di turismo fugace. Senza nessuna programmazione, senza nessuna voglia di scommettere. E’ una città cicala o formica? Meglio non decidere. Si sono susseguiti molti sindaci e molte giunte, ci sono stati anche assessori regionali che si sono occupati di Alghero sempre con l’idea del “qui ed ora”. Ryanair è apparsa dal nulla, nessuno l’ha cercata, nessuno ha pianificato e poi, nell’indifferenza di tutti è ripartita. Come la scuola d’aviazione dell’Alitalia, come la Pan Elettric, come la Sella & Mosca ormai in mano alle multinazionali. A guardarla dalla Muraglia o dalla collina del Trò questa è una città senza orizzonte.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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