Non è solo lo sport locale preferito da alcuni, quello di mettere i numeri uno dietro l’altro e pensare di produrre un quadro di informazioni attendibili sui fenomeni dell’umana specie. No. Anche in Argentina lo praticano assai questo “sport”. E’ che la confusione è faccenda trasversalmente presente ma, a quelle latitudini, ancora più insidiosa, dirompente e generatrice di ulteriore confusione.
Prendiamo il tasso di inflazione, ad esempio. Pare che l’Argentina abbia uno dei tassi di inflazione più alti al mondo, ma non ci si mette d’accordo sui numeri e sulla pseudo-veridicità di questi si costruisce l’arena e il contenuto del confronto politico tra le parti: qualcuno dice 40,5% annuo, qualcun altro 32,5%, molti raccontano numeri che stanno nel mezzo. Esiste un tasso di inflazione “ufficiale” (quello governativo), smentito quotidianamente dalle opposizioni (al rialzo), dalle Autorità finanziarie straniere, da quelle Non governative, dai giornali e, infine, dal comportamento di una fetta rilevante della popolazione.
Corrono i salari, certo che corrono dietro gli altri prezzi, ma non abbastanza E spesso, sempre più spesso, i salari non ci sono. E mentre si cammina in pieno centro di Buenos Aires, sulla 9 de julio, capita di incontrare scene come quella in foto: non ce la si fa, sempre più spesso, a guadagnarsi un salario di sopravvivenza. E quando non ce la si fa, rimane – dentro l’uomo, la donna e i bambini che vivono per strada – il richiamo alla pietàs altrui o la ricerca degli avanzi altrui. Nella basura, nell’immondezza.
E solo su alcuni numeri, quelli della povertà, appunto, quasi tutte le fonti sono d’accordo: negli ultimi mesi la povertà in Argentina supera il 40% della popolazione; il 33% della popolazione sta soffrendo ancora dello shock economico del 2001, riuscendo appena a vivere con meno di 10 dollari al giorno; l’11% vive in povertà assoluta, con meno di 4 dollari al giorno; quasi 3 milioni di persone sono sottonutrite; una casa su 10 non ha acqua corrente né sistema fognario; quasi il 40% dei giovani non termina il percorso di istruzione secondario.
Più di 10 milioni di argentini vivono senza un lavoro regolare, senza educazione, senza servizi sociosanitari di supporto. E in tutti questi anni di crisi sembra essersi ampliata in modo rilevante la distanza della qualità di vita del ceto medio e della fascia più vulnerabile. La prima si è ridotta quantitativamente, vedendo scivolare una fetta rilevante delle famiglie in basso e, in basso, si vive ancora peggio del passato e di quelli che stanno in mezzo. Insomma, il piano si è inclinato e l’angolo di inclinazione è diventato troppo alto per molti, troppi.
E allora capita di vedere per strada quelle scene di metà ‘800 che si possono leggere nei romanzi di Charles Dickens, come “Tempi difficili”: non il povero solo e isolato (alla “deriva” scriverebbe Giuseppe Micheli, un ottimo demografo), bensì intere famiglie che della strada hanno fatto appartamento a cielo aperto, con letto e arredi sgangherati, ma funzionali a garantire il quasi nulla, l’idea e la speranza di una “normalità”, pur rotta, ma disperatamente “normale”.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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