“È ora di finirlaaaaaaa! È un’ora che aspetto di poter depositare questa bustaaaaaa! Io ho da lavorare, non posso aspettare i comodi di voi impiegati pubbliciiiii! Lo sapete CHE VOI SIETE PAGATI DA NOI, SIETE PAGATI ANCHE DAI SOLDI DELLE MIE TASSE? SONO ANCH’IO CHE VI PAGOOOOOO, COL MIO SUDORE!!! VI PAGO FORSE PER GRATTARVI I COGLIONI?”. Le urla risuonarono stridule nel corridoio del palazzo comunale di epoca fascista, dal soffitto mostruosamente alto, accompagnate dai cenni di approvazione della mezza dozzina di persone che attendevano il loro turno fuori dall’ufficio tributi, quel lunedì mattina di fine novembre, temperatura esterna 14 gradi centigradi e un vago sentore di Natale nell’aria. Placido Piano, l’unico impiegato dell’ufficio tributi, non fece una piega. Posò il sigaro spento sulla scrivania, lucidò con un fazzoletto di carta le lenti che gli pendevano sul petto, tenute al collo da una cordicella sfilacciata, si palpò una ad una le abbondanti pieghe della pancia, si alzò in piedi con tutta la lentezza che poté, sollevò dalla scrivania un foglio di carta, uscì nel corridoio e con occhio annoiato porse il foglio al signore che protestava. Forse avevano la stessa età, ma l’utente infuriato dimostrava metà dei suoi anni per forma fisica e spirito combattivo. Nel momento in cui si trovarono faccia a faccia, l’utente infuriato fece cenno all’impiegato di pazientare un momento: parlava al telefono, urlando nel microfono dell’auricolare Bluetooth. Sembrava Robocop. Placido Piano replicò a sua volta con un cenno, lasciandogli intendere che doveva solo leggere il foglio e non c’era bisogno di parole tra loro. Poi tornò al suo posto. Robocop si appoggiò alla parete color crema, appena al lato del termosifone di ghisa, e iniziò a leggere.
CONTRATTO n.93
Si conviene e stipula il seguente accordo tra il ragionier Placido Piano, nato a Portosanto il 27.05.1963, istruttore amministrativo in servizio c/o il Comune di Portosanto, ivi residente, e il/la sig/dott/prof……………………………………… Nato/a a…………….il…………residente a…………………………utente del suddetto ufficio (di seguito indicato come “utente”).
NATURA DELL’ACCORDO
L’utente pubblicamente lamenta il disagio causatogli dal ritardo nel disbrigo pratiche da parte dell’ufficio tributi. Ritiene che questo disagio sia intollerabile in un ufficio pubblico e asserisce di avere diritto di protestare essendo anch’egli uno dei contribuenti italiani attraverso i cui versamenti fiscali l’impiegato pubblico viene retribuito per il suo servizio. Partendo da questo assunto, si può così calcolare in che misura l’utente partecipi al pagamento dello stipendio mensile del rag. Piano:
Euro 2581,45 (ultimo stipendio mensile lordo del rag. Piano) _______________
37.646.917 (Numero dei contribuenti italiani al 2015*)
Da tale calcolo, risulta che l’utente partecipi dello stipendio mensile del rag. Piano per euro 0,00006857 euro.
(*fonte: Agenzia nazionale delle Entrate)
TUTTO CIO’ PREMESSO
Si sottoscrive quanto segue: Riconosciuto che l’utente contribuisce attraverso il pagamento delle tasse allo stipendio del rag. Piano, questi verserà all’utente la cifra di 0,00006857 euro al mese fino alla cessazione della sua attività per sopraggiunta età pensionabile. In cambio l’utente si asterrà dal presentarsi all’ufficio tributi del Comune di Portosanto fin quando il ragionier Piano vi presterà servizio. L’accordo sarà rinnovato ogni cinque anni in ragione degli intervenuti scatti salariali. Per dirimere eventuali liti sarà competente il tribunale di Portosanto. Le modalità del versamento saranno concordate tra le parti. Resta inteso che l’utente dovrà dimostrare la regolarità della sua posizione contributiva producendo relativa documentazione (denuncia dei redditi, lettera dell’Agenzia delle Entrate), pena la decadenza dell’accordo.
Firma del rag. Placido Piano…………………………….. Firma dell’utente……………………………………………..
Portosanto, li………….
Più avanzava nella lettura, più Robocop sgranava gli occhi. Alla fine, cadde incredulo su una delle sedie libere allineate nel corridoio. Perse anche la fila, incapace di realizzare del tutto l’assurdità di quanto quell’impiegato fannullone e sfacciato gli aveva sottoposto. Infine, quando Piano uscì per il caffè di mezza mattinata, Robocop lo affrontò, sventolandogli in faccia il contratto. “Cosa sarebbe?” L’impiegato si portò le dita alla bocca, strizzò il sigaro spento tra le dita – erano vent’anni che non lo accendeva – e se lo levò di bocca, puntandolo verso l’interlocutore. Iniziò a spiegare con voce calma e la stessa aria annoiata di sempre.
“Vede, gente come lei convinta che un impiegato pubblico sia una sua proprietà, una specie di automa obbligato ad obbedire e chinare la testa, io ne incontro due-tre alla settimana da quando, ventidue anni fa, ho iniziato a lavorare in questo ufficio. Nessuno di questi sapeva in quali condizioni lavorassimo, quante pratica io dovessi e debba sbrigare da solo, ogni giorno, lei non sa che il computer che uso me lo sono comprato io, pagandolo di tasca mia, perché quello dell’amministrazione si è rotto un anno fa e nessuno ne ha comprato uno nuovo, né qualcun altro era in grado di ripararlo. Per voi io sono solo un burocrate, un essere senz’anima, non sapete come mi chiamo ma se vi si costringe ad attendere per dieci minuti fuori dalla porta dell’ufficio vi sentite in dovere di insultarmi, perché lo stipendio ce lo pagate voi, vero? Voi non lo sapete che se sbagliamo una pratica per la fretta passiamo dei guai, non sapete dei miei rapporti col dirigente, non sapete che smaltisco il lavoro arretrato a casa mia senza percepire un centesimo di stipendio in più, se non quelle due settimane all’anno di straordinario. Per voi siamo nullafacenti, raccomandati, furbetti del cartellino: niente di più. Io lo so che voi avete da fare, lo so che avete fretta e che gli impiegati pubblici, ormai, sono discriminati come gli immigrati. E non mi crederà se le dico che più velocemente di così, davvero, il mio ufficio non può servirla. E allora, visto come stanno le cose, da tre anni a questa parte ho deciso di proporre questo contratto a chi fa voci come lei, che è il 93esimo della serie. Per fare capire che né io né nessuno di voi è indispendabile, a questo mondo. Nessuno ha mai accettato e qualcuno mi voleva mettere le mani addosso, ma la netta maggioranza di queste persone mi ha permesso di fare lo stesso discorso che sto facendo a lei e, alla fine, questa maggioranza ha capito. Molti sono diventati amici miei e una soluzione, per le loro pratiche, l’abbiamo trovata sempre, da quel momento in poi”. Robocop si levò l’auricolare Bluetooth, in segno di resa, sospirando profondamente. Placido Piano controllò l’orario e poi invitò l’utente al bar. “Ha tempo per un caffè e per un cannoncino alla crema? Nella pasticceria qua di fronte li fanno buonissimi”. Robocop annuì e uscirono dal palazzo assieme.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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