Sulla simpatia del professor Burioni è inutile discutere: si perderebbe solo tempo senza mettere d’accordo i contendenti. C’è chi lo trova esilarante per la verve umoristica, c’è chi non lo sopporta per quel tono da professore saccente e anche un tantino arrogante che nelle sue sfuriate social non riesce a trattenere.
Ma c’entra poco la simpatia nella questione Burioni. La “questione Burioni” la si potrebbe riassumere col diritto, più o meno riconosciuto alla scienza, di non essere democratica. “La teoria della relatività non l’hanno decisa per alzata di mano”, ricordava qualche tempo fa Piero Angela. Il ragazzo che qualche giorno fa, al congresso del Pd, ha attaccato Burioni, ha in qualche modo rappresentato quel fastidio che la politica prova quando il suo primato viene messo in discussione.
Di fronte a fenomeni regolati da leggi fisiche indiscutibili, non esiste molto spazio per la medazione, il compromesso, la trattativa. Se alla politica si levano questi margini di manovra, la politica non ha motivo di essere. Ma quegli spazi non regolati dalla scienza resteranno, perché la scienza non può spiegare tutto e non è in grado di dare risposte alle grandi domande della nostra esistenza. Queste due categorie, la politica e la scienza, non possono che riconoscere ciascuna il ruolo dell’altra, andando a braccetto ma senza intralciare l’una il passo dell’altra. Ora, però, di gente come Burioni abbiamo bisogno, credo molto più di quanto si abbia bisogno di gente come Corallo, con tutto il rispetto.
Ne abbiamo bisogno perché viviamo in un tempo in cui si stanno mettendo in discussione le formidabili scoperte che la medicina ha maturato in questo ultimo secolo, grazie al lavoro di scienziati che hanno passato la loro vita nei laboratori e non su una bacheca Facebook. I toni bruschi e l’arroganza di Burioni sono inevitabili e comprensibili, quando gente senza titolo si permette di sindacare sulle conclusioni di gente che ha passato la vita a studiare e a dimostrare le proprie scoperte. Se permettiamo che l’improvvisazione abbia ragione sullo studio e sul metodo sperimentale, allora possiamo permettere tutto.
Se proprio devo dirla tutta, è avvilente che certa politica insegua il complottismo per il solo gusto di fare un dispetto al professore che pretende di dire la sua su una certa deriva politica. Ma i tempi sono questi.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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