“…in questo villaggio che io ho fondato presso il ruscello delle api selvatiche, ed a cui avrei voluto dare un nome della mia lingua che sto dimenticando, Bak der Binnen, che significa appunto “Rio delle Api”: ma la gente di qui ha accettato il nome solo in parte e fra di loro, nel loro linguaggio che ormai è il mio, lo chiamano “Bacu Abis”. “
Termina con queste righe il capitolo dedicato al piombo, tratto dal libro “Il sistema periodico” di Primo Levi. Narra la storia di un cavatore, Rodmund, che dal Nord Europa scende in Italia, fino ad approdare in Sardegna (Ichnusa) alla ricerca del suo minerale, il piombo per l’appunto, trovandolo in grandi quantità (secondo la leggenda) e diffondendo a tutti la sua cultura, il suo mistero e il suoi mille usi. Lo sapevano il buon cavatore, gli industriali e gli ingegneri quanti usi si possono fare del Piombo (Pb per gli “amici”) e – ahimè – lo sanno anche i chimici e i geologi che il piombo, per quanto affascinante sia, è un metallo “scomodo.” In Sardegna, la ricerca e la coltivazione dei giacimenti di piombo è una tradizione antica. Candido Baldracco, nel 1854, citava diversi giacimenti nell’Isola (Armungia, Burcei, Arbus, Arzana, Dorgali, Gonnesa, Iglesias, Lula…) riportati poi anche nella relazione parlamentare di Quintino Sella del 1871. La coltivazione vera e propria di questi siti, poi, ha lasciato ormai una triste eredità. Nei pressi di Lula (Nu) esiste oggi una miniera dismessa, in un luogo chiamato Sos Enattos, che ha una lunga storia da raccontare. Risale infatti al 1868 la concessione della Miniera di Sos Enattos alla soc. Paganelli per lo sfruttamento dei minerali di argento e galena. Vennero realizzati alcuni opifici industriali e si avviò l’attività estrattiva, ma il giacimento svelò i suo segreto: non era infatti molto ricco di piombo argentifero bensì conteneva parecchia blenda (o sfalerite), minerale da cui si estrae lo zinco. La miniera così perse di utilità gia ai primi del ‘900: lo Zinco, allora, non era un metallo di elevato valore commerciale poiché ancora non esistevano le mille leghe dello zinco.
La miniera riprese in grande la sua attività nel secondo dopoguerra, finanziata dalla Montevecchio Miniere, con la realizzazione di una piccola laveria destinata alla prima fase di trattamento dei minerali. Prima di allora i minerali venivano trasportati con i carri fino alla spiaggia di S. Lucia (Siniscola) per essere poi imbarcati per il Continente. La miniera di Lula è stata anche teatro di eventi sociali che hanno contribuito a mutare la condizione operaia sarda dei primi del ‘900. Nel 1899, infatti, gli operai della miniera scesero per la prima volta in agitazione contro il padronato, chiedendo miglioramenti salariali e la riduzione dell’orario di lavoro da 12 a 8 ore. Sembrerà strano ma quella protesta viene considerata come il primo sciopero nell’allora Regno d’Italia. L’epilogo triste di queste agitazioni, che a macchia d’olio si espansero poi a tutte le miniere dell’isola, avvenne nel 1904 con l’eccidio di Buggerru. Ed oggi ? La miniera di Lula Sos Enattos è attualmente un museo gestito dall’ente IGEA.
Alcuni operai, dopo la chiusura della miniera, hanno messo in sicurezza i 50 km di gallerie per renderli visitabili al pubblico e per dendere testimonianza di un pezzo di storia dell’isola dei metalli. L’isola del Piombo, come la definiva Rodmund nel romanzo di Primo Levi.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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