LA COMUNICAZIONE AI TEMPI DI PIGLIARU
Ricorderete che, poco prima di Natale, Ugo Cappellacci aveva augurato una pronta guarigione a Francesco Pigliaru, annunciandone via social il ricovero in ospedale. Sempre via social Pigliaru aveva smentito immediatamente la notizia, precisando di essere in buona salute.
Erano gli stessi giorni in cui il Cappellacci del nuovo corso muscolare e salutista postava il suo selfie a torso nudo sotto un cielo livido, poco prima di sfidare le acque gelide della Sella del Diavolo, consigliando vivamente a tutti un tuffo a dicembre per prevenire e combattere i mali di stagione. In realtà qualcosa di profetico, nel post di Cappellacci, c’era. Pochi giorni fa Pigliaru è stato effettivamente ricoverato per una bronchite e, a quanto se ne sa, il Presidente non ha ancora recuperato del tutto dal malanno che lo ha relegato in una stanza dell’ospedale Brotzu.
Perché Cappellacci scrisse quel post?
A quanto si è capito, quel giorno Francesco Pigliaru si era presentato da solo negli uffici della Asl e si era messo in fila per pagare il ticket, insieme agli altri utenti e come tutti gli altri utenti. Era stato ovviamente riconosciuto, il che aveva probabilmente generato il mezzo equivoco in cui è inciampato Cappellacci.
Tra un mese saranno trascorsi tre anni dalla vittoria del centrosinistra alle elezioni. Tre anni difficili, posto che non si ricorda una legislatura facile in Sardegna, senza nessuna vera contestazione forte ma contrassegnati da una sfiducia diffusa verso l’operato di questa giunta regionale, anche nell’ambito della stessa coalizione di centrosinistra (posto che non si ricorda una coalizione di centrosinistra coesa). Subito dopo il referendum costituzionale, scrissi che Pigliaru avrebbe dovuto prendere seriamente in esame la possibilità di dimettersi, perché sconfessato da una schiacciante maggioranza che si era espressa nettamente contro l’orientamento del Presidente su quella consultazione.
Io credo, però, che il vero problema di questa giunta regionale sia stata la comunicazione.
Nelle mani di un addetto all’immagine cinico quanto il ruolo imponga, il Pigliaru pallido che si mette in fila per pagare il ticket, prescrizioni mediche alla mano, sarebbe diventato immediatamente una notizia da dare in pasto ai media. Sottotesto, guardate l’uomo più potente della Sardegna che rinuncia ai suoi privilegi per rispettare la fila in un ufficio pubblico!
In realtà dovrebbe essere assolutamente normale che un politico faccia la fila alla Asl come tutti gli altri, ma sappiamo che normale non è. E sappiamo quanto i messaggi contro la casta e l’antipolitica dilagante, oggi, siano elementi importanti del consenso: il presidente della Regione che sbriga pratiche in prima persona poteva essere un’immagine altamente simbolica di questo linguaggio, per quanto superficiale esso sia. Ricordo i politici che si facevano fotografare sorridenti mentre spalavano fango, dopo l’alluvione di Olbia, oppure Renzi col carrello tra gli scaffali di un supermercato, il giorno dopo le dimissioni. Invece di Pigliaru in fila per il ticket nessuno ne ha saputo nulla. Credo sia giusto così. Credo sia squallido trasformare ogni gesto della quotidianità in propaganda politica, credo sia giusto dividere il pubblico da quel poco privato che un politico ha il diritto di difendere. Credo che ognuno abbia il dovere di essere se stesso e, certamente, Pigliaru e la sua giunta non hanno nell’appeal mediatico il loro punto di forza (con l’eccezione di Paolo Maninchedda, comunicatore raffinato ed indefesso).
Ma non è del giusto e dello sbagliato che stiamo parlando, piuttosto di come va il mondo e di quanto la politica sia basata sull’immagine, più che sull’evidenza dei fatti e dei risultati che riesce a conseguire. Pigliaru scrive una volta ogni tanto asciutte e un po’ scialbe note su Facebook, sempre strettamente attinenti al merito politico.
Per contro la variopinta e chiassosa area indipendentista – mentre cerca un equilibrio per le prossime elezioni – picchia forte sui social, avendone intuito la funzione ormai insostituibile. Spesso con la spocchia irritante di certi suoi ideologi, spesso spacciando per sensazionali scoperte dati acquisiti, ma con una presenza comunque costante e con toni di sicuro più accattivanti. Persino il Cappellacci che si fa il selfie in mutande o che filma il suo sorpasso a Soru ha un impatto mediatico più forte di quello delle note di Pigliaru. La politica, oggi, è quel che appare. Nessuno, come dicevo, dovrebbe tradire la sua natura adeguandosi alle mode del momento, perciò spero di non vedere mai Pigliaru posare in boxer da bagno per una foto da pubblicare su Instagram. Ma in tempi in cui la politica è principalmente comunicazione, credo che l’idea che la giunta Pigliaru abbia dato di sé sia stata un nitido riflesso della sua capacità di comunicare.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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