©ARCHIVIO LAPRESSE LOS ANGELES CALIFORNIA STATI UNITI 28-07-1984 CERIMONIA D'APERTURA DELLE OLIMPIADI. NELLA FOTO: PIETRO MENNEA IMPEGNATO NEI 200 METRI PIANI
Recupera recupera recupera… recupera!!! ha vinto! Straordinaria impresa di Pietro Mennea… la voce del compianto telecronista Paolo Rosi ancora mi rintrona nella testa, per una delle rimonte più incredibili della storia dello sport. Mennea, che a quelle Olimpiadi di Mosca del 1980 si presentò forse un po’ troppo carico sia di allenamenti che di aspettative, fallì miseramente nei 100 metri, gara a lui non congeniale, ma che non lo vide neppure giungere in finale. Nei duecento metri partì piuttosto male, peggio del solito, tanto che si presentò in quarta posizione nel rettilineo, a 5 metri di distanza dal favorito Wells, il poderoso britannico che aveva vinto anche i 100 metri, e dietro ai grandi Quarrie e Leonard. Forse comprese, in quel frangente, che altre possibilità, nella vita, di vincere le olimpiadi, dato che era al suo terzo tentativo e l’età sopravanzava, non gli sarebbero state date. Quella straordinaria rimonta, quella incredibile manifestazione di rabbia e di volontà, fa comprendere come sia stato possibile che un atleta non di colore, possa esse considerato, ancora oggi, uno dei più grandi velocisti di tutti i tempi e, limitatamente ai 200 metri, forse il più grande, almeno per costanza e longevità, avendo detenuto per tanti anni sia il record mondiale assoluto che quello a livello del mare, ed essendo stato ben 4 volte finalista ad una olimpiade con ben 5 partecipazioni. Il segreto di Mennea era un fisico e una testa che reggeva carichi di allenamento pazzeschi. Una determinazione che gli consentì, nella vita, di prendersi 4 lauree, di fare l’eurodeputato, e di combattere con molta energia il doping nello sport. Per cui, ogni volta che giunge la primavera, il 21 marzo, da quattro anni a questa parte, sembra che manchi qualcosa nella mia vita. Ricordo la mia infanzia e adolescenza, nell’attesa di vedere quel dito puntare il cielo. Il dito di un vincitore mai soddisfatto, sempre teso e arrabbiato. Ecco, forse il motore che lo animava, quella rabbia, quella insoddisfazione perenne, che gli ha consentito di ottenere una vita di incredibili, straordinari successi, gli ha un po’ ristretto l’orizzonte del riposo, della serenità. E’ un po’ patetico dirlo, ma l’improvvisa morte di Pietro Mennea, in quel 21 marzo di 4 anni fa, mi dà ancora la sensazione, oggi, che la parte di me stesso dove risiede la determinazione, l’ostinazione, la forza di volontà, la capacità di non arrendersi mai, manchi del suo riferimento, del suo idolo più importante e rappresentativo.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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