Il 1 agosto del 1846 muore a New York Pietro Maroncelli. Perfetto per l’Agenda. Silvio Pellico, “Le mie prigioni”, parliamo della rosa di Maroncelli. Aspetta, però. Che cosa ci faceva Maroncelli a New York? E così vengo a scoprire che, dopo la nota asportazione di una gamba nel carcere dello Spielberg, zoppo zoppo e zitto zitto Maroncelli si era ammagato con tale Amalia Schneider, cantante lirica bona come il pane che aveva preso una scuffia per il patriota. Lei aveva apprezzato molto che l’amputazione si fosse fermata prima della parte alta della coscia, zona dove pare che l’eroe risorgimentale avesse motivi per riscuotere grande interesse. Quindi si sposarono e andarono a vivere a New York, dove penso che ancora non ci fossero l’Empire e i teatri di Broadway, ma neppure Trump e Wall Street (cioè, Wall Street c’era ma era ancora un vicolo dove andavano a pisciare i bambini), poi c’era un’antenata della Lewinsky che parlava poco. Insomma, ci si divertiva lo stesso. Lui era musicista e scriveva canzoncine scollacciate per gli immigrati irlandesi che erano di bocca buona (l’antenata di cui prima era infatti di origine europea), ma la moglie Amalia, che cantava al Metropolitan con qualche difficoltà perché ancora non era stato costruito, si rifiutava di interpretarle nel prestigioso teatro giudicandole robaccia. E gli diceva -Pieruccio, amore mio, lascia stare che non è il tuo mestiere e fammi vedere ancora cosa c’è sopra il pezzo di gamba che ti hanno lasciato. Certi inediti di Pellico relativi ai rapporti tra i detenuti dello Spielberg, lasciano infatti intendere che quel c’era non fosse trascurabile. Fu allora che Maroncelli, frustrato per i rifiuti di Amalia e temendo che lei lo amasse soltanto per il suo corpo (lo capisco, è una preoccupazione che io stesso spesso condivido), si impegnò e scrisse una canzoncina in Italiano perché in Inglese sapeva solo dire “ai du not spic inglisc, soreta”, e i primi immigrati italiani si divertivano molto per la sua pronuncia di sorry. La prima strofa era così: “La notizia comincia a circolare parto oggi voglio esserne parte New York New York”. La moglie affettuosa gli diceva -Ma non vuol dire un cazzo, batacchiotto mio, e poi la poesia non segue la musica. Lascia perdere e parliamo piuttosto di quel manganello che … Anni dopo, più di un secolo, qualcuno scovò il testo in un second hand shop di Little Italy e tradusse il testo in Inglese. Veniva così: “Start spreading the news I am leaving today I want to be a part of it New York, New York”. Miracolosamente le parole si legarono alla musica di Maroncelli e la cosa finì in un film di Scorsese e poi se ne impossessò un cantante italo-americano amico di molti mafiosi. Gli eredi di Maroncelli cercano di rivendicarne i diritti, ma quando uno di essi si svegliò nel suo letto zuppo del sangue proveniente da una testa di cavallo mozzata, preferirono lasciare perdere. Anche questa faccenda del cavallo, un po’ travisata, finì in un film. L’altro problema di Maroncelli è che in Italia si diceva che fosse pure un po’ spia dei crucchi. Dice, e allora perché è finito allo Spielberg con Pellico? Boh! A parte il fatto che Pellico, con quel cognome da volatile dovrebbe farsi dimenticare anziché porre domande e scrivere libri, forse volevano fargli fare l’infiltrato. E questo spiegherebbe sia il successivo trasferimento a New York, sia il fatto che lì presero a chiamarlo Joe Valachi e il nickname poi venne usato dalla mafia italo americana anche per tutti quelli che si mettevano a parlare troppo. La prossima volta vi racconterò la vera storia di Goffredo Mameli e del suo brotherly song.
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Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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