Questo signore, immortalato nel monumento erettogli sulla piazza principale di Hoorn (Noord Holland), è Jan Pieterszoon Coen: un boia.
Uno che, nel 1621, ha sterminato migliaia di abitanti delle isole Banda (attuale Indonesia) per punirli di aver venduto noce moscata agli inglesi.
Li fece sterminare tutti, meno alcuni vecchi che conoscevano i segreti della coltivazione della spezia.
Come le so queste cose?
Le hanno scritte sulla targa apposta al monumento.
Scriu custu po acuntentai a Andria Maccis, ca sinuncas mi narat ca deu puru seu de cussus chi nant ca sa genti brunda e a ogus braxus est totu civili e is italianus totus incivilis.
Perché gli hanno eretto il monumento allora?
In mancanza di altre erezioni, verrebbe da dire, almeno recenti.
Il boia in questione è stato uno dei fondatori dell’impero delle Indie Olandesi, oggi Indonesia.
Insomma, delle sue stragi hanno tratto profitto in tanti, in Olanda, e nel 1993 la città di Hoorn, capoluogo del Twisk, territorio in cui Coen era nato, gli ha dedicato la statua bronzea, con tanto di cannone.
Ma poi sono stati costretti ad applicarci la targa in cui si denunciano i suoi misfatti.
Ipocrisia olandese?
Penso che quel monumento sia il più bel monumento immaginabile all’ipocrisia olandese.
Figuratevi che ancora chiamano “operazioni di polizia“, le operazioni militari–compresi i crimini di guerra–condotte a difesa dell’impero coloniale contro la popolazione, anche civile, dell’Indonesia, durante la guerra di liberazione, negli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale.
La perdita delle colonie è stato un trauma non ancora superato del tutto, visto che i Paesi Bassi hanno visto ridursi la loro influenza internazionale “allo stesso livello della Danimarca”, per dirla con un influente politico olandese dell’epoca.
Insomma, il monumento al boia Jan Pieterszoon Coen è umanamente comprensibile: è stata proprio la mancanza di altre erezioni a motivarlo.
L’impotenza seguita alla perdita dell’enorme impero coloniale.
Meno comprensibile è la carriera brillante della Dottoressa Zaccardi, seviziatrice alla caserma di Bolzaneto, durante il macello del G8.
Forse sarebbe il caso di applicare anche a lei una targa in cui si enumerano i reati da lei commessi–reati riconosciuti, ma prescritti–e per la quale è stata condannata in sede civile: le viti necessarie le pagherei volentieri io stesso.
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