Che l’informazione contemporanea si regga sulla potenza delle immagini, con i suoi pro e i suoi contro, è un dato difficilmente contestabile. Talvolta l’immagine, oltre a sintetizzare un intero fatto, arriva a oscurare parole e nomi. L’immagine del ragazzo di piazza Tienanmen che cerca di ostacolare l’avanzata del carro armato la conosciamo tutti, non è vero? Il nome di quel ragazzo è rimasto, invece, sconosciuto. Sarà abbastanza facile ricordarsi di un’altra immagine iconica, più recente. La statua di Saddam Hussein che viene tirata giù nel giorno dell’arrivo dell’esercito americano. In questo caso conosciamo il nome del primo uomo che sfogò l’oppressione del popolo iracheno con delle martellate sulla statua del dittatore: Kadhim Al Jabouri. Il rapporto Chilcot diffuso due giorni fa ci ha confermato quanto in realtà avevamo capito da tempo: l’intervento in Iraq condotto a braccetto da Bush e Blair fu motivato con prove insufficienti e condotto senza un’adeguata considerazione di quelle che potevano essere le conseguenze. Se leggere i due milioni e mezzo di parole del rapporto è opera che chi vuole potrà fare prendendosi un considerevole lasso di tempo a disposizione, più facile ed egualmente efficace può essere leggere le dichiarazioni del meccanico iracheno al Jabouri alla BBC: “Vorrei rimetterla al suo posto quella statua. Ricostruirla. Ma mi ucciderebbero”. Jabouri ha perso 15 familiari sotto il regime di Saddam Hussein. Ma arriva a dire: “C’erano corruzione, lotte intestine, assassinii; Saddam uccideva, ma niente di paragonabile a quello che c’è ora. Saddam non c’è più, ma adesso è come se ce ne fossero mille”. L’ultimo attentato in Iraq risale a questa notte, appena due giorni fa il precedente, con 250 morti. Più o meno mentre Tony Blair, con faccia di bronzo simile a quella della statua di Saddam, dichiarava di assumersi la piena responsabilità per aver distrutto un’intera ragione, precisando, però, che se guerra non fosse stata, il risultato non sarebbe cambiato. Per giorni ci hanno propinato le oscillazioni delle borse dopo la Brexit, paventando invasioni di cavallette e tristi addii alla “meglio gioventù” europea dell’Erasmus. Le conseguenze vere della Brexit, dicono gli esperti finanziari, i britannici e gli europei le avvertiranno col tempo. Intanto, un altro tramonto britannico ed europeo è cominciato da tempo. E, insieme ad esso, le lunghe notti di sangue dell’Iraq.
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