Sono andata a ritirare un certificato medico, stamattina. L’ambulatorio non era collocato nella struttura ospedaliera, come solitamente avviene, era invece decentrato in una residenza sanitaria per anziani. Appena varcato il cancello verde, talmente imponente che sembrava messo apposta per protegge i vecchietti dal mondo, ho attraversato un piccolo giardino curatissimo, con grandi alberi zeppi di foglie e aiuole incastonate nel selciato. Molti degli ospiti approfittavano del clima gentile per oziare un po’ all’aperto. Alcuni sfruttavano il sole, per scaldare ossa stanche e croccanti di artrosi, altri poltrivano all’ombra. Ce n’era uno che passeggiava senza sosta. Portava a spasso un viso da ribelle, con troppe rughe per essere vero, esageratamente indisciplinato. Difficile pensare che la vita, coi suoi compromessi, non sia riuscita a stemperare quell’insubordinazione congenita. E camminava lento, come per smaltire i ricordi.
Ce n’era un’altra che, sistemata sulla sua carrozzina, mangiava un panino. Lo sminuzzava con precisione maniacale, quasi a disegnare una mappa, isolando pezzi di pensieri perché restassero fuori da lei.
Due amiche, probabilmente confidenti da tanto tempo, parlavano fitto fitto e ridevano. Ad un tratto si sono strette le mani in uno straripare di complicità, sotto il sole di Olbia nel mese di aprile. Poco distante uno leggeva La Nuova Sardegna tutto tremolante, con l’espressione di un agnello che per anni si è presentato al mondo vestito da lupo. Di quei nonni che raccomandano ai nipotini: – Finisci il cibo sul piatto, perché ci sono bambini che muoiono di fame! – Un’infermiera premurosa gli si è avvicinata e ha sistemato un pullover sulle sue spalle, impensierita per uno spiffero che gli arrivava sulla nuca come una ghigliottina.
Arrivata alla hall mi hanno dato indicazioni dettagliate, rispedendomi dall’altra parte della struttura perché l’ambulatorio che cercavo era dal lato opposto. E mi è piaciuto ripercorrere quello scorcio di umanità, zeppo di esistenze che non sembravano considerare la vecchiaia una punizione per essere vissuti ma, anzi, parevano assaporare il tempo gustando quel che arriva. L’ho riattraversato soddisfatta quel giardino, ho osservato meglio e cercato di imprimere i loro volti nella memoria per stanarli da quell’angolo di mondo, in disparte, e renderli protagonisti per un giorno. Almeno fra i lettori di Sardegnablogger.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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