Ci lamentiamo di tutto. Specialmente di ogni servizio pubblico, che negli anni ci hanno insegnato a vedere come comoda sistemazione di raccomandati nullafacenti. Ma non è sempre vero, forse lo è solo in un piccolo numero di casi.
Tra le altre cose che faccio, organizzo tour in bicicletta in giro per la Sardegna. Venerdì 22 aprile, assieme a cinque altri pedalatori, siamo partiti da Arzachena per raggiungere L’Asinara. Nei piani, sull’Isola delle carceri ci saremmo dovuti arrivare tre giorni dopo. Nei piani, che spesso tracciamo sulla sabbia. Invece, quasi alla fine della prima tappa, il mio vecchio amico Giuliano è caduto, finendo su un muretto a secco. Per una somma di sfortunate coincidenze e pur essendo avvenuto a bassa velocità – “la fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo” cit. Freak Antony – l’incidente ha avuto conseguenze molto serie sul fisico da atleta di Giuliano, che ha riportato varie fratture e lesioni.
Ho chiamato il 118 cinque minuti dopo averlo raccolto dal viottolo in cemento sul quale la sua corsa si era interrotta, sul mare di Aglientu, in aperta campagna. Dal mio WhatsApp leggo che ho chiamato aiuto alle 17.01. A quel punto, la corsa in bicicletta si è trasformata in un’agghiacciante corsa per la vita. L’ambulanza è arrivata da Santa Teresa, distante una ventina di chilometri dal luogo del capitombolo, in un quarto d’ora. Tre volontari hanno caricato Giuliano su una barella a cucchiaio e poi sulla lettiga, quindi è iniziato lo spostamento del ferito verso l’ospedale di Tempio Pausania. Ho subito avuto l’impressione che il mio amico fosse capitato nelle mani di gente capace, bene addestrata ad eseguire operazioni che possono essere decisive per la salvezza di una vita umana: sono stati bravi, rapidi ed efficaci.
A metà strada l’ambulanza si è fermata. Giuliano aveva difficoltà respiratorie e le cose parevano mettersi male, perciò era stato chiamato un altro mezzo di soccorso con due medici a bordo. Le due dottoresse sono saltate sull’ambulanza in sosta e hanno immediatamente colto la gravità della situazione: ne ho sentita una concordare un trasporto in elicottero, sollecitando l’arrivo del mezzo aereo.
Quando siamo arrivati a Tempio, l’elicottero volteggiava già sopra le nostre teste mentre i mezzi a terra dei vigili del fuoco liberavano il terreno di gioco dello stadio per permetterne l’atterraggio: Giuliano è stato visitato in ospedale, poco dopo era in volo per Sassari, dove è giunto verso le 19. Meno di due ore dopo l’incidente.
Un numero imprecisato ma senza dubbio cospicuo di persone aveva concorso ad organizzare questo trasferimento, per difendere una sola vita umana. In serata, i medici lo hanno sottoposto ad una serie di controlli e ci hanno fornito un quadro clinico abbastanza preciso e incoraggiante. Nei giorni seguenti sono state fronteggiate emergenze occasionali e sempre ho avuto l’impressione che su Giuliano vigilasse personale competente, responsabile, preparato.
Tra questi medici – e qui vengo al personaggio – ne ho trovato uno che ne ha approfittato per sfogarsi con me: “Se rinascessi, non farei questo lavoro”. Cerco di riassumere il suo pensiero: il bisogno che tutti abbiamo di trovare un responsabile, qualcuno cui fare ricadere la colpa quando l’inevitabile accade, espone chi svolge questa professione ad un odio che può diventare insopportabile e non tollera l’errore umano. Scrivo questo pezzo da una sala d’attesa dell’ospedale. Sei giorni dopo, Giuliano sta meglio e si avvia a guarire. Io volevo dire a quel medico che, oltre all’odio della gente, per lui e i suoi colleghi c’è tanta gratitudine. Una gratitudine che forse non riesce più a vedere, sommersa dal “tutto va male, tutto funziona male”. E invece non va tutto male e Giuliano che scherza e sorride, qua accanto a me, può confermarlo.
pubblicato il 28 aprile 2016
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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